Il “cavallo di ritorno” per restituire l’auto, l’appuntamento in via Venezia: “Stavano prendendo i soldi”

 
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Immagini di repertorio

Gela. “L’appuntamento era davanti ad un bar di via Venezia. Così, li abbiamo seguiti e fermati mentre stavano prendendo i soldi”.

Il presunto “cavallo di ritorno”. Sono stati i carabinieri che effettuarono l’arresto proprio davanti all’esercizio commerciale a descrivere le fasi del fermo di Claudio Iannì e Renata Paun che, insieme ad Andrei Stirbu, sono accusati di estorsione ai danni di un anziano licatese. L’uomo avrebbe dovuto pagare per riavere indietro la propria autovettura. Fu proprio l’uomo a denunciare quanto accaduto. Per gli investigatori si sarebbe trattato di un vero e proprio “cavallo di ritorno”. “Addirittura – ha spiegato in aula uno dei carabinieri sentiti – la telefonata di Renata Paun arrivò mentre il proprietario dell’auto si trovava nella nostra caserma di Licata”. I testimoni, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni, hanno risposto alle domande del pm Lara Seccacini e dei difensori degli imputati, gli avvocati Salvo Macrì e Giuseppe Smecca. Almeno stando alla versione fornita dagli imputati, i soldi sarebbero dovuti servire per alcune riparazioni da effettuare sulla Citroen C1 messa a disposizione della romena Renata Paun proprio dall’anziano licatese. “La vettura era stata consegnata – hanno spiegato gli investigatori – al titolare di un’autofficina di via Generale Cascino”. I tre imputati hanno sempre escluso di aver voluto estorcere denaro all’uomo. 

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