Il Comune deve acquisire il tribunale costruito a suon di espropri “allegri”: agli ex proprietari oltre un milione e mezzo di euro

 
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Gela. La lunga via crucis laica di un palazzo di giustizia realizzato

su aree espropriate illegittimamente agli originari proprietari, pesa, e non poco, sulle casse del Comune.

L’area espropriata illegittimamente va acquisita. All’appello, manca ancora oltre un milione e mezzo di euro, da versare ai titolari dei terreni, che hanno fino ad oggi ottenuto circa novecentomila euro. Intanto, la questione diventa di nuovo prioritaria. Il presidente del consiglio comunale Alessandra Ascia, dopo una nota del sindaco Domenico Messinese, ha appena inserito il punto all’ordine del giorno della seduta di lunedì prossimo. Una scelta che arriva dopo un recente vertice in prefettura a Caltanissetta. C’è l’urgenza di acquisire al patrimonio indisponibile del Comune la struttura e tutte le aree adiacenti. Seppur realizzato in violazione delle normative sugli espropri, ovviamente palazzo di giustizia non può né essere abbattuto né, eventualmente, sostituito con un’altra struttura pubblica. Insomma, va acquisito. I consiglieri comunali dovranno valutare l’intera vicenda. Per i tecnici del settore patrimonio, la normativa in materia apre alla possibilità di acquisire immobili illegittimamente occupati, come appunto le aree sulle quali è stato costruito il nuovo tribunale. Qualora l’atto passasse, l’amministrazione comunale avrebbe altri trenta giorni per completare i pagamenti in favore dei proprietari delle aree, ovvero ben oltre un milione e mezzo di euro, da coprire però con le somme non utilizzate del mutuo attivato per la costruzione dell’opera. Dovrebbe essere questo l’ultimo passo di una vicenda decisamente poco edificante, che ha tra i principali responsabili l’ex sindaco Rosario Crocetta, firmatario dei provvedimenti che diedero inizio ad una lunghissima battaglia legale, conclusa con la vittoria degli allora proprietari delle aree. Nonostante la presenza di un palazzo di giustizia, di legale non c’è molto.

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