Il fratello collaborava con la giustizia e le bruciarono l’auto? “Mi avevano presa di mira”

 
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Gela. Una ritorsione per vendicarsi delle dichiarazioni rese dal fratello, per alcuni mesi inserito nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia? Una vendetta? Sarebbe questo il movente dietro al furto e al successivo rogo di una Smart. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta accusano dell’azione un gruppo di giovani vicini ai clan locali. Davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, a rispondere alle contestazioni è Fabio Russello. “Ricordo molto bene – ha detto in aula la giovane proprietaria dell’auto data alle fiamme – che prima di subire il furto, Russello e altri ragazzi iniziarono a seguirmi e a prendermi di mira. Credo fosse una reazione al fatto che mio fratello avesse rilasciato dichiarazioni a loro carico che portarono all’arresto dello stesso Russello”. I fatti si legano al blitz “Tagli Pregiati” e a rilasciare quelle dichiarazioni fu l’allora collaboratore Salvatore Cassarà. La giovane ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Luigi Leghissa e dal legale di fiducia dell’imputato, l’avvocato Nicoletta Cauchi. Nel corso dell’udienza sono state ascoltate altre giovani. Russello e la sua difesa hanno sempre respinto le accuse, escludendo un collegamento tra le dichiarazioni rese dal collaboratore e l’incendio dell’auto. La difesa, intanto, ha prodotto una serie di ordinanze che annullarono i provvedimenti restrittivi emessi nel corso dell’inchiesta “Tagli Pregiati”.

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