Il futuro di Eni in città, tutto ruota intorno alle autorizzazioni: gli imprenditori sempre più preoccupati

 
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Gela. Gli attori principali che ruotano attorno all’investimento Eni da 2,2 miliardi di euro, sottoscritto al Mise il 6 novembre scorso, sono chiamati oggi ad un esame di maturità.
Il nodo delle autorizzazioni. Bisognerà, sostanzialmente, sciogliere i nodi sulle autorizzazioni propedeutiche allo smantellamento dell’ormai ex impianto Isaf e sulla nomina di un commissario “che gestisca e coordini tutte le fasi del protocollo per il rilancio produttivo del territorio” – spiegano i coordinatori di Legacoop, Giovanni Salsetta e Leonardo Li Causi, che ieri hanno proclamato lo stato di agitazione delle categorie. Un parere negativo della provincia bloccherebbe l’intervento da circa 70 milioni di euro di demolizione dell’Isaf e della diga Foranea, indispensabile a garantire occupazione al settore edile e metalmeccanico. Una boccata d’ossigeno per gli oltre cinquecento lavoratori dell’indotto ormai privi anche delle forme previdenziali della cassa integrazione. Oggi, toccherà al prefetto, Maria Teresa Cucinotta, definire in prefettura anche un percorso strategico mirato ad attuare il decreto di riconoscimento dell’area di crisi industriale complessa. Attorno al tavolo prefettizio siederanno i vertici Eni, delle organizzazioni sindacali, di Confindustria e Legacoop, e soprattutto il sindaco Domenico Messinese che aveva invocato il prefetto a convocare un incontro prima di ferragosto.

Gli imprenditori rimangono in attesa. Dal canto suo, il primo cittadino con l’assessore Simone Siciliano, si era detto favorevole al protocollo Eni che prevede un investimento da 1,8 miliardi di euro per l’estrazioni di gas, on e off shore, 400 milioni di euro per la riconversione della fabbrica di contrada Piana del Signore nella green refinery più grande d’Italia, sulla scia di quanto realizzato da Eni a Venezia, e il mantenimento occupazionale. Quasi a contraddire le parole dei rappresentanti del M5s, la tappa degli attivisti dei No-triv che si terrà in città l’8 agosto. I vertici del colosso energetico del cane a sei zampe hanno mantenuto parte degli impegni assunti dal protocollo e negli scorsi giorni “si erano soffermati sul mancato riconoscimento da parte del governo nazionale e regionale delle autorizzazioni” che potrebbero consentire di anticipare di sei mesi anche i lavori di avvio della Green refinery, con l’inizio a settembre invece che a marzo del prossimo anno. Intanto, i soci lavoratori delle cooperative dell’indotto, nel proclamare lo stato di agitazione e annunciare eventuali sit in di protesta presso la presidenza della Regione ed il Mise di Roma, hanno chiesto al governo regionale e al ministero dello Sviluppo economico, ognuno per le proprie competenze, “di definire un crono-programma relativo alle autorizzazioni da rilasciare ad Eni ed i passi successivi al decreto di attuazione dell’area di crisi complessa”. Secondo Giovanni Salsetta (Legacoop) “risulta indispensabile incaricare un commissario, nominato dal Governo nazionale – conclude – che gestisca le fasi del protocollo” e finalizzi gli investimenti dei 32 milioni di euro di opere compensative in insediamenti compatibili con il rispetto delle richieste della comunità europea.

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