Il lavoro che uccide, “Camicette bianche” apre il dibattito: le operaie morte a New York

 
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Gela. Le stragi del lavoro, di ieri ma anche di oggi. La produzione che va avanti nonostante tante vite sacrificate al “Dio profitto”. Una strage che ne richiama altre. “Camicette Bianche” di Ester Rizzo è stato al centro del dibattito pubblico organizzato proprio per presentare il lavoro di ricerca svolto dall’autrice licatese. A confrontarsi con lei, c’era Evita Lorefice, legale e collaboratrice del quotidianodigela.it. Le camicette bianche sono quelle delle tante operaie, la gran parte delle quali arrivate ad inizio ‘900 negli Stati Uniti, che dalla Sicilia avevano creduto di toccare con mano il “sogno”. Il lavoro, la stabilità familiare, una nuova vita. Il fuoco che divorò il palazzone della Triangle Waist Company di New York, dove quelle donne lavoravano, segna un passaggio decisivo. Era il marzo del 1911, la catena della produzione industriale non era più soltanto una questione maschile, a morire erano anche le operaie. Ester Rizzo ne ha ripercorso il viaggio e la vita in quella New York che non aveva nulla da spartire con i piccoli paesi dell’entroterra siciliano dai quali il sogno, diventato tomba, era partito. Se Marcinelle e il fuoco che si mangiò 262 minatori, quasi tutti migranti in Belgio e quasi tutti del sud Italia, divenne il simbolo del bisogno che ben prima del boom economico degli anni ’60 fece degli operai del sud carne da macello, il disastro della Waist Company newyorkese calò il sangue delle operaie italiane sulle strade di un’America che si preparava a diventare “potenza” liberista. Storie sbiadite di fabbriche “aguzzine”? Tutt’altro. Ester Rizzo ed Evita Lorefice lo hanno ribadito, quelle morti urlano ancora oggi. 24 aprile 2013, Rana Plaza, Dhaka, Bangladesh. 1.200 lavoratori, quasi tutte donne, travolti dal crollo di un palazzone di otto piani. Cucivano per le grandi griffe i cui capi si vendono a New York e non solo. Intanto, l’assessore Francesco Salinitro, presente all’incontro, si è impegnato a fare in modo che una via della città possa essere intitolata alle “camicette bianche”. Il ciclo di incontri organizzato dalla libreria Mondadori proseguirà anche nelle prossime settimane, sempre all’interno dello spazio di Eschilo Lab.    

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