Il maestro Timpanelli contestato da alcune mamme: “Non lo vogliamo a scuola”

 
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Gela. “Maestra, c’è quello della droga”. Una pugnalata dritto allo stomaco per Domenico Timpanelli, 46 anni, finito nel ciclone giudiziario esattamente un anno fa. Adesso che l’indagine è indirizzata verso un totale proscioglimento, Timpanelli pensava di essere uscito dal tunnel.

La procura indaga sul complotto che ha portato qualcuno a collocare cinque panetti di droga nella sua auto, ma i pregiudizi sono spesso più forte delle sentenze dei tribunali. E Timpanelli ieri si è sfogato, raccontando quanto gli è accaduto. “Se dalla bocca dei bambini della mia classe escono frasi come “maestra, guarda c’é quello della droga” allora qualcuno ha fatto dimenticare loro che io sono ancora il loro maestro”, dice con amarezza. Sabato scorso era tornato a scuola Cantina Sociale per andare a salutare una collega che in questo anno lo ha sostituito. Aveva voglia di rivedere anche i bambini.

“Il cuore mi batteva forte perché è a loro che ho pensato per primi e come la fiaba di Cenerentola mi rivolgo loro dicendo di tv e giornali scrivono che “io sono pulito come voi”. Avrei voluto dire loro che verità e la giustizia, come in tutte le fiabe, alla fine trionfano. Ma non ho fatto in tempo. La nuova collega mi ha buttato fuori dalla classe accusandomi di fare “violenza psicologica ai bambini” semmai m’invitava a parlare con i loro genitori. Risposi solo che ai genitori io non ho nulla da dire, nulla da giustificare perché non ho fatto nulla di male e nulla di cui debba vergognarmi: I miei alunni sono solo quei bambini”.

Timpanelli riferisce che un’altra insegnante aveva detto di non volerlo nel suo modulo, altrimenti si sarebbe fatta trasferire.

Prima di lasciare il plesso scolastico il maestro ha anche notato un gruppo di mamme che hanno confabulato con l’insegnante che si vantava di averlo buttato fuori dalla classe. “Da telefonate ricevute ho saputo di genitori inferociti che hanno invaso alcune classi ma anche di altre maestre serie che hanno calmato gli animi – dice con amarezza Timpanelli – Mi dica adesso lo Stato Italiano che prima mi butta in una cella a morire e che poi scopre l’acqua calda, la mia innocenza sempre sostenuta, cosa vuole fare di me”.

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