Il mondo Gela di Angelo Tuccio, 11 anni d’amore smisurato tra gioie e incazzature

 
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Gela. Diciamoci la verità. Anche le sue incazzature ci mancheranno. Il personaggio Angelo Tuccio è un mondo a parte.

Pieno di sfaccettature. Di grandi slanci d’entusiasmo e di depressioni istantanee. Una cosa in 11 anni di gestione di Gela calcio non è mai cambiata: l’amore smisurato, eccessivo, unico, profondo per il suo club. Per lui il Gela era come il terzo figlio. Lo amava, e lo ama secondo noi, in maniera esasperata ed esasperante. Quel posto in tribuna centrale al Presti non sarà lo stesso senza di lui presidente.

Ho delle convinzioni. Quello di Angelo Tuccio non è un addio ma un arrivederci. Doveva staccarsi dalla sua creatura. Lo deve alla sua azienda, l’Eurotec, che vive mesi drammatici. E l’amore per il calcio in questo momento non è compatibile con tutto il resto. Ci sono priorità. E l’Eurotec lo è. Lo sono i suoi operai, più dei calciatori.

Chiunque, dopo averlo detto in tutte la salse, dopo il 14 maggio si sarebbe defilato, scomparso. “Ecco, qui ci sono le mie quote ad 1 euro, prendetele ma non fate morire il Gela”.

Ed invece lo abbiamo fino a tre giorni fa con la sua andatura dinoccolante, camicia a maniche lunghe malgrado i 38 gradi ed il 90 per cento di umidità, carpetta sotto braccio, partecipare fino allo stremo alle riunioni in municipio. No, non poteva permettere un altro 2011. Quella è la pagina più triste degli 11 anni di Gela calcio. Dopo essere ripartito dal gradino più basso del calcio, dai tifosi capaci di indossare la blasonata maglia biancazzurra e la lenta ma entusiasmante risalita non era pensabile un altro azzeramento. Non glielo avrebbero perdonato. Non se lo sarebbe perdonato.

La famiglia Tuccio scompare dagli organigrammi del club. Ed oggi in tanti lo ringraziano. Tanti, con colpevole ritardo, si sono accorti che malgrado i suoi alti e bassi ha sempre mantenuto prestigioso il nome del Gela e della città di Gela. Tuccio era una garanzia per i calciatori, allenatori e direttori sportivi, dirigenti di lega. Era sintomo di affidabilità finanziaria, rispetto, trasparenza. Lui stesso riconosce di non essere persona facile con cui convivere. In tanti anni ha litigato con sindaci, assessori, onorevoli. Rivendicava uno stadio più accogliente, un campo di allenamento, il riscontro alle promesse elettorali. E non ha ceduto alle lusinghe di candidature a sindaco. Voleva e vuole fare il manager d’azienda e il presidente di calcio. Gli provoca adrenalina, coinvolgimento totale. Hanno provato a tirarlo in altri sport, come la pallavolo. Ma mentre noi esultavamo per le schiacciate di Claudio Martinengo lui in tribuna al PalaCossiga sembrava annoiato. Per lui i calciatori sono “cuccioli”. Non li ha mai sgridati, sempre difesi. Chiedetelo a Nicola Provenza, a De Filippis quando la piazza voleva l’esonero del compianto Vincenzo Cosco.

Licenziare un allenatore era troppo doloroso, quasi una mancanza di rispetto all’uomo, prima che al professionista.

Solo il fratello Carmelo ne condivideva passione e sforzi economici. Ed a lui ha voluto dedicare il ritorno in serie D. Potremmo stare qui a ricordare le gioie e i dolori sportivi ma non vogliamo dilungarci.

Adesso è il momento di passare la mano. I fratelli Mendola ereditano un pesante fardello. Avranno sicuramente un tifoso in più: Angelo Tuccio.

Ai nuovi proprietari lancio una proposta. Non cambiate la musica d’ingresso dei calciatori prima della partita. Da 11 anni tutte le volte viene la pelle d’oca quando i Rondò Veneziano echeggiano dalle casse della tribuna le note di “Fantasia”, pura invenzione di Angelo Tuccio, perché , per dirla con un suo slogan “Quando il cuore batte forte, i sogni volano più in alto”.

Grazie Angelo Tuccio

In bocca al lupo alla nuova proprietà

Rondo Veneziano – fantasia –

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