Il monito di Gisana: “Volgiamo lo sguardo a chi soffre vicino a noi”

 
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Gela. “Ognuno di noi ha la propria Croce e  non possiamo rimanere indifferenti agli anziani, ai diversamente abili, ai giovani”. Il vescovo Rosario Gisana esorta la politica, la chiesa ed i fedeli a rivolgersi con attenzione ai più deboli non soltanto in un momento di riflessione nel periodo pasquale ma tutti i giorni. Stamattina la rituale processione del Cristo in croce e della Madonna addolorata. Una folla di fedeli ha seguito il percorso della Statua del Cristo verso piazza Calvario.

Gisana ha ripreso le parole del Vangelo e proprio del momento in cui Gesù venne crocifisso. “Lasciamoci aiutare da un sentimento verso i nostri crocifissi. Gesù dice ho sete. Se siamo davvero amanti della Croce, impariamo a sentire l’anelito potente di Cristo. Dobbiamo approcciarci verso un senso di giustizia. Lo dico pure ai miei sacerdoti, non solo ai politici. Anche nella mentalità e nel modo di porgerci verso gli altri. Evitiamo i tornaconti, gli interessi personali e gli sgambetti per fare cadere gli altri. Chiediamo a Dio il perdono per chi ci fa del male. Usiamo la sfida della bontà e non della forza. Facciamo che il vostro sguardo  sia rivolto ai nostri crocifissi”.

E ancora ha lanciato con garbo un monito:

Ci commuoviamo e ci facciamo travolgere da crocifissi fatti di legno ma che potrebbero rendere vana la concezione di fede se non volgiamo lo sguardo verso i crocifissi fatti di carne. Spesso siamo distratti, impazienti e a volta anche offensivi. Tutti prima o poi, in quanto esserci umani, siamo costretti a portare la propria croce”.

Un pensiero particolare il primo prelato della nostra Diocesi lo ha rivolto anche ai giovani.

“Penso in particolare a tre fasce sociali: ai bambini, agli anziani e ai giovani. Quest’ultimi dico che devono tornare nella loro città. Andate fuori, formatevi ma poi tornate a casa vostra. Quando sento dire che i plurilaureati sono a Londra a fare i lavapiatti provo un senso di rabbia. Dobbiamo fare in modo che i nostri giovani possano e debbano rientrare nella propria terra di origine”.

Tre le autorità presenti, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, il Commissario Straordinario Rosario Arena e il Comandante dei Vigili Urbani, Giuseppe Montana. Il primo cittadino ha inteso evidenziare: “Il vescovo con attenzione cristiana ha parlato del vivere sociale e dei giovani che spesso vengono dimenticati dalle classi sociali che stanno meglio. I ragazzi devono prima formarsi, anche andando all’estero, ma più tornare nelle proprie terre di origine. Sono a fine mandato e la politica che verrà a governare questa città troverà tante problematiche da affrontare e superare. Il benessere di ogni amministrazione pubblica passa attraverso la disponibilità delle risorse finanziarie ma anche da una attenta pianificazione. Con una buona gestione delle scelte politiche ed una oculata gestione finanziaria, attenta e votata soprattutto verso l’aspetto umano, che come dice il vescovo non deve mai venire meno, le cose possono cambiare”.

1 commento

  1. Il Vescovo parla di croci…vero, la realtà gelese ne è piena. Peccato che, a mio avviso, abbia dimenticato il dilagante problema dell’omofobia e della discriminazione sociale, fattore che incide molto negativamente sul nostro territorio. Un fattore nocivo, un cancro difficile da estirpare, fatto di pregiudizi, odio e paure. Onestamente, credo che abbia espresso parole molto forti e decisamente attuali, ma dovrebbe verificare molte questioni in sospeso: il comportamento non sempre adeguato dei suoi sacerdoti, un atteggiamento di ostentata sicurezza che non ha nulla di cristiano, l’attaccamento ai beni materiali, le difficoltà dei poveri che rimangono ai margini. Tante situazioni delicate in mezzo a belle parole che portano poca produttività e tanta amarezza.Ovviamente, la mia è una semplice opinione. Non posso e non voglio criticare l’operato di Sua Eccellenza, ma credo che Mons. Gisana debba cominciare a porsi delle domande serie, relative a ciò che è realmente la sua diocesi e cosa possa rappresentare su quel Calvario. Perché, per parlare devi annunciare e segnare con una efficace impronta di testimonianza. Altrimenti sono solo fiori e legni su un altare. Insomma, dialogo, apertura e non solo chiacchiere.
    Grazie.
    Op. Sociale Marco Di Dio

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