Il pianto del lattante

 
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Il pianto ci accompagna per tutta la vita fin dalla nascita. Noi adulti piangiamo quando siamo colpiti da un intenso dolore o fastidio fisico o morale, oppure da una forte emozione.

Piangiamo quando vogliamo comunicare alle persone care la nostra intima sofferenza, affinché meglio ci capiscano, ci ascoltino e consolino.

Nel lattante il pianto è la principale forma di comunicazione con il mondo che lo circonda.

Nella sala parto dell’ospedale la signora M. ha da pochi secondi partorito una bambina. Regna un silenzio assoluto e i medici e le infermiere si guardano negli occhi e sono in attesa di un grande evento che pare stenti ad arrivare. Ma improvvisamente si sente  forte un pianto…e tutti gioiscono!

Il primo vagito, il primo urlo del bambino, il primo pianto, danno  molta tranquillità perché vuol dire che il bambino sta bene. Il grido è dovuto al forte vibrare delle corde vocali sotto la spinta dell’aria che viene espirata dai polmoni. Questo significa che il bambino appena nato ha iniziato a respirare in modo autonomo. Non sappiamo se il primo vagito sia un grido di dolore (la sofferenza che il bambino prova nel momento in cui abbandona il mondo protetto e ovattato rappresentato dall’utero della mamma) o di gioia per essere venuto al mondo.

E’ quasi mezzanotte e il dr. L. sta per spegnere la luce dopo aver letto un capitolo dell’ultimo libro di Brown, quando improvvisamente squilla il telefono: “…dottore, mi scusi, ma il mio bambino non riesce a quietarsi, piange sempre. Ho visto che ha il sederino molto arrossato…”

Con il pianto il bambino ha comunicato alla mamma i suoi fastidi.. “Possibile che non ti sei accorta che il pannolino è sporco e che la mia pelle delicata si è irritata?” Il pianto da fastidio può esserci anche a causa di stress da stimoli (luce intensa, rumori forti, freddo, caldo) o perché sta iniziando la dentizione che causa sensazioni fastidiose, prurito gengivale, salivazione abbondante. Il lattante può piangere anche semplicemente per noia o stanchezza e in questi casi piagnucola ad intermittenza.

G. si rende conto che il suo latte non è più sufficiente perché la sua bambina di 3 mesi comincia a piangere dopo due ore dalla poppata e se presa in braccio la bambina non si calma ma ruota la testa verso il seno…

Il pianto da fame o da sete é piuttosto vigoroso e tende ad aumentare sempre di più fino a divenire prepotente se il bebè non viene soddisfatto. : “Ti prego mammina dammi da mangiare, il mio pancino è vuoto…possibile che non ti sei accorta…?”  La fame è il motivo più comune del pianto di un bambino piccolo ed anche il più facile da risolvere, come anche la sete. Il pianto da fame è caratterizzato da un suono acuto seguito da un’inspirazione, è accompagnato anche da una specie di fischio, al quale segue un breve periodo di silenzio A volte poco tempo dopo di aver finito di mangiare il bambino comincia a piangere. Diventa rosso in viso, tira le gambe, si irrigidisce, si contorce e piange senza sosta. E’ un pianto da coliche gassose che  sono tra le cause principali del pianto del neonato a partire dalle prime settimane di vita fino ai 3-4 mesi. Può essere utile prenderlo in braccio e tenerlo a pancia in giù per cullarlo.

F. è da un quarto d’ora che piange senza potersi quietare. La mamma partecipa ad un Forum genitori e figli  in Internet e si ricorda che recentemente hanno discusso sul pianto del bambino. Quando il pianto è disperato, inconsolabile, che dura a lungo e spesso è accompagnato da sudorazione e arrossamento del viso è un pianto da dolore.

Questo pianto può essere dovuto alle coliche gassose, a un mal d’orecchio per un ristagno di catarro dietro il timpano, a mal di gola, malessere, febbre, ecc.

Sono le ore 19 e R. è ritornata da poco a casa dal suo lavoro e non vede l’ora di abbracciare, baciare, coccolare il suo bambino, ma ha cento cose da fare. Comincia a stirare la biancheria e accanto, nella sua culletta, c’è il suo bambino che non vuole restare quieto e continuamente piange, ma con un pianto lamentoso…

E’ un pianto da mancanza di contatto fisico.  In questo casoil lattante  smette di piangere quando lo si prende in braccio, se ne sta buono e contento e ricomincia quando lo si mette nella culla. Piange per la mancanza del contatto fisico, di quel benessere che gli viene dalla vicinanza fisica. Ha voglia di essere coccolato, di sentire l’odore e il battito cardiaco della mamma.

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Quando un bambino piange, un motivo c’è sempre. Se si scopre di che cosa ha bisogno e si provvede, il pianto cessa. Non bisogna farsi prendere dal panico, ma piuttosto cercare di capirne la ragione. E ricordiamoci che il bambino impara ciò che vive: Se vive nella serenità, crescerà equilibrato.

Dottor Antonino Bianca Pediatra
http://www.studiomedicobianca.it

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