Il titolare di una stazione di servizio “strozzato” dai prestiti ad usura, perse l’attività a Como: condannato un esercente gelese

 
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Gela. Soldi ad usura, fino a togliergli la proprietà di una stazione di servizio, a Como.

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I soldi ad usura. E’ diventata definitiva la condanna a quattro anni di reclusione imposta a Gaetano Tuccio, un esercente gelese che da anni vive in Lombardia. I giudici romani della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato dalla difesa, sostenuta dall’avvocato Maurizio Scicolone. L’imputato finì al centro dell’indagine avviata dai pm lombardi, dopo la denuncia dell’ex titolare della stazione di servizio che, appunto, dichiarò di essere stato costretto a cedere la propria attività, nel tentativo di coprire il prestito ad usura. Una versione contestata dalla difesa, che invece ha prodotto documenti contabili che attestavano il pagamento di una cifra non inferiore a sessantacinquemila euro.
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La ricostruzione, però, non ha convinto i giudici, che hanno confermato il doppio verdetto di condanna, già emesso sia in primo che in secondo grado. Accolto, invece, il ricorso che la difesa ha avanzato nell’interesse della moglie dell’esercente, una donna lituana, a sua volta finita a processo. Dopo la condanna, i giudici di Cassazione hanno valutato favorevolmente le richieste della difesa, sempre sostenuta dall’avvocato Maurizio Scicolone, annullando il verdetto, con rinvio alla Corte d’appello che dovrà nuovamente valutare la posizione della donna, risultata intestataria di alcuni beni.

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