Il virus raccontato ai bambini, la fiaba del collega D’Onchia

 
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Gela. Come spiegare ai bambini quello che sta accadendo? Ci sono pedagogisti, psicologi, insegnanti che hanno proposto tante piccole soluzioni per rendere meno pesante questo periodo da quarantena volontaria in casa. Il collega giornalista Giuseppe D’Onchia, che da quasi due anni lavora nel Nord Italia, e proprio nel cuore del focolaio del virus, pensando alla figlia che è rimasta a Gela insieme al figlio più grande ed alla moglie, ha inventato una fiaba perché “il non detto, li spaventa e allora raccontiamolo con una fiaba”.

E la condividiamo con piacere

“Con una corona sfavillante in testa, girava e rigirava il mondo senza che nessuno potesse fermarla. Era sempre pronta a scappare. Credevi di poterla prendere e invece correva veloce. Lei si chiamava Virus la mostricciatola. Piccola piccola ma sempre agguerrita. Il suo scopo era quello di essere la regina del pianeta. Era partita dal continente asiatico e aveva fatto tanti chilometri. Un giorno era in Italia, l’altro in Francia. E poi la Spagna, l’America. E per fare capire che lei era appena giunta in quel posto, lasciava una scia di starnuti. E tutti starnutivano. Una monella. Lei che voleva essere la regina voleva comandare su tutti noi. Birbante! Ne parlavano tutti. In televisione, alla radio. Tutti i giornali ogni mattina parlavano di lei. Nessuno può contrastarmi – pensò. Io sono la più forte. E comanderò in tutto il pianeta. Ma Virus la mostricciatola non aveva fatto bene i conti. Chiusi in casa a riflettere, tutti i bambini pensarono a come sconfiggerla. Dopo avere lavato le mani più volte, cominciarono a disegnare su dei fogliettini gli arcobaleni e tante corone, scrivendo che erano più belle di quella che indossava Virus la mostricciatola e che “tutto andrà bene”. Papà e mamma presero i fogliettini disegnati e li appesero sui balconi, vicini alle bandiere del proprio paese.

E cominciarono a cantare. Tutti insieme. I negozi chiusero perché bisognava essere tutti uniti contro Virus la mostricciatola. Anche i pazienti degli ospedali disegnarono tante corone, una più bella dell’altra. Loro non potevano affacciarsi: avevano preso un brutto raffredore. Ci pensarono i dottori e gli infermieri ad appendere i loro fogliettini sui balconi e sulle finestre. Oramai Virus la mostricciatola aveva capito che nessuno voleva avere a che fare con lei. Nessuno le voleva bene. Guardandosi attorno, non trovò nessuno. La sua corona non era più sfavillante. E aveva perso pure le forze dopo tanti chilometri. Da Nord a Sud da Est a Ovest. Capì che era meglio lasciare tutto. E cosi come venne se ne andò. Con i suoi starnuti e la sua corona. La più brutta che c’era. E i bambini ricominciarono ad andare a scuola, a sorridere, ad abbracciarsi e a giocare assieme. All’aperto. Tra gli sguardi felici di mamma e papà. E tutto andò bene….”

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