Villa Greca: una porta sull’infinito!

 
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L'ingresso principale della Villa Greca.

Gela. Ciò che non ha saputo o voluto fare la politica, sempre asfittica nei sogni e lontana come un orizzonte lontano dall’interesse per la bellezza, è stato felicemente realizzato dai coniugi Greca in un posto incantevole qual è la collinetta che dà sul porticciolo, quest’ultimo divenuto ormai, causa un inarrestabile insabbiamento, solo un triste e patetico catino con qualche ettolitro di acqua. Ciononostante, la veduta dall’alto della villa ti toglie il respiro per quanto ti entra negli occhi e nell’anima. Descrivere l’unicità e la bellezza complessiva della Villa Greca richiederebbe spazi ben più lunghi di quanto ce ne siano concessi. Pertanto ci soffermeremo su alcune peculiarità che ne fanno qualcosa di unico e speciale. Il mio amore per questa villa non nasce adesso, è piuttosto datato. La prova di quanto io dico è data dal fatto che su un muro della mia casa campeggia anche un quadro che la rappresenta, comperato in un mercatino per qualche decina di euro. Parlo di un tempo in cui non era che una costruzione di fine settecento inizio ottocento, dall’architettura particolare (un misto di neoclassicismo e di gotico), immersa in una vegetazione spontanea e senza colore, ma che faceva ugualmente sognare. Ora, quello che è già stato fatto sarebbe di per sè una straordinaria realizzazione, un vero prodigio, se non fosse che a tanta bellezza non fosse stato aggiunto un autentico gioiello, quello che, per intenderci, fa immensamente inorgoglire chi ha avuto la fortuna di ereditare dagli antichi padri un anfiteatro. Questo non ha saputo o voluto fare la lunga teoria di piccoli, lillipuziani politici che così lontani sono sempre stati dalla bellezza, dalla cultura, dalla tradizione. Eschilo, in qualche parte dell’universo, starà certamente godendo del fatto che la sua città di elezione, alla quale ha affidato le sue ossa per l’eternità, si sia finalmente dotato di un anfiteatro all’aperto, non importa che appartenga ad un privato ma, nel nostro caso, si tratta di un privato illuminato. Anche per questo il nostro grazie dovrebbe essere fortemente urlato ai coniugi Greca i quali, verosimilmente, lo metteranno a disposizione anche di chi vorrà aggiungere alla bellezza momenti di gratificazione culturale.

Un autentico gioiello l’intero complesso donato alla città, dunque, anche se è incastonato in un luogo che, sia che guardi a est o che guardi ad ovest dal porticciolo, andrebbe reso più degno ai nostri occhi. Quando sei di fronte a qualcosa di veramente bello, a qualcosa che ti apre all’infinito, perché a questo ti richiama la vista del mare e dell’orizzonte che sembra chiuderlo e nel contempo schiuderlo, può succederti di provare un po’ di tristezza se non puoi condividere con qualcun altro la tua esperienza estetica. Hai bisogno di smaltire la tua emozione indicando a questo qualcuno un particolare, un angolo prodigioso, una prospettiva affascinante. Amartya Sen ha detto che la bellezza è un bene di relazione. Ma basterebbe persino condividere anche momenti di silenzio e farsi inondare dallo stupore e dalla meraviglia. Sono quei rari momenti in cui la bellezza ci riconcilia con noi stessi, si attua una sorta di magia in cui si realizza una suprema armonia, in cui il nostro io sembra voler uscire ed espandersi, andare oltre gli angusti confini in cui normalmente lo teniamo. Tutti coloro che visitano il porticciolo, farebbero una cosa gradita a se stessi se rallentassero per darvi un’occhiata: ne trarrebbero un guadagno i loro cuori. Ma per quanto lusinghiere possano essere considerate e valutate finora, le mie parole non fanno ancora giustizia del miracolo operato da Luigi Greca, un imprenditore pieno d talento, un ennese trapiantato a Gela, un amabile quanto ironico conversatore, segno di un’intelligenza pronta e reattiva. Sempre determinato nel realizzare le sue lucide visioni, Luigi Greca ha fatto con se stesso una scommessa che avrebbe scoraggiato qualunque altra persona. Perché, quando ne è entrato in possesso, la struttura rischiava di implodere per l’incuria e il degrado in cui era stata tenuta. Pertanto, è stata necessaria una poderosa opera di consolidamento e di ripristino della sicurezza antica. E questo ha comportato lavori di scavo e di adeguamento dell’intera area, con la strabiliante sorpresa di vedere tornata alla luce una quantità tale di reperti da riempire circa duecento casse che, ovviamente Luigi Greca ha consegnato alla soprintendenza e, quindi, al Museo di Gela, rinunciando generosamente al sostanzioso compenso previsto dalla Legge. Questo anche a conferma che l’area soprastante il Caricatore fosse già abitata ben prima della data di nascita della Gela greca. Dal sontuoso ingresso, ai viali che la costeggiano, (realizzati con colate di granito per lo più di un metro quadrato ciascuna in cui predomina il rosso e quasi immersi nel manto erboso con effetti visivi sbalorditivi e probabilmente unici al mondo), non c’è un angolo o un particolare che non sia stato pensato, voluto e seguito direttamente da Luigi Greca. La flora, ricca di varietà tipiche delle nostre zone, è integrata da piante esotiche, da cui si sprigiona un perenne odore di citronella, di te verde, di canfora, solo per citarne qualcuno. E allora il pensiero corre al bravo architetto che l’ha ideata (si dice che sia stato un architetto napoletano tra la fine del settecento e i primi dell’ottocento, ma di cui non si riesce a trovare il nome, come sconosciuto rimane il nome del committente, anch’esso napoletano). Lo spettacolo della villa comincia alle prime luci dell’alba, quando i primi raggi del sole l’accarezzano esaltandone la felice combinazione del bianco delle colonne e del rosa dei muri e finisce la notte quando, illuminata dalle stesse luci della casa, ce la fa apparire, per la particolarità della sua architettura, bella e maestosa come un tempio greco. Alla villa vera e propria si accede percorrendo prima il lungo ingresso onorato, come giganteschi granatieri, da due file di palme perfettamente allineate, e attraversando poi l’Agorà che, per la grazia della forma e per la disposizione spaziale dell’arredo, è già da considerarsi un palcoscenico. Il complesso è articolato in diversi piani al centro del quale è la Villa con un balcone sorretto da due eleganti colonne e una suggestiva terrazza e una sua appendice (belvedere) ai piedi delle quali si dispiega il porticciolo e la strada che porta ai moli. Molto dello spazio che degrada dolcemente verso il mare, è coperto da un tappeto erboso perfettamente curato. Ma, come anticipato sopra, un altro diamante è incastonato a valle del complesso: un anfiteatro che non poteva essere concepito e realizzato in modo architettonicamente più bello e acusticamente più rispondente allo scopo. Costruito per sfidare i secoli, diviso in tre sezioni, con tutti i posti numerati con i numeri di marmo incastonati nell’alzata, può ospitare circa duemila persone. Di rilievo è il fatto che ogni posto e il relativo camminamento sono stati realizzati dal nostro con un originale stampo, servendosi di polvere di marmo; risultato finale: effetto pietra naturale. E, in più, con la possibilità di ampliarne la potenza acustica mediante un artificio. Ma un’altra peculiarità ce lo fa apparire come qualcosa di unico al mondo: la percezione che non ci sia soluzione di continuità tra l’anfiteatro e il mare, qualcosa di davvero unico che non troviamo nemmeno a Montecarlo o a Singapore, dove vi è sempre uno iato tra una struttura e il mare, che possa essere una strada, un ponte, una spiaggia. Dopo la sorprendente scoperta e lo smaltimento della sbornia di magnificenza, incanto, fascino, eleganza e armonia, il pensiero, pieno di meraviglia, non può che ri-andare a Luigi Greca, un uomo capace di inventarsi un così grosso grumo di bellezza, e magari sospetti che sia stato inspirato e guidato da uno spirito superiore. Per quanto abbia potuto dire (poco o molto), so di non essere riuscito che parzialmente a dare l’idea della bellezza diffusa nella Villa. E’ tutto? Manco per sogno! Perché da Luigi Greca è più che lecito aspettarsi altre chicche di cui dirò, magari, in un’altra occasione. Maurice Merleau-Ponty diceva che l’occhio compie il prodigio di aprire all’anima ciò che non è anima, ma la Villa di Luigi Greca ha già un’anima, ha solo bisogno di occhi ingordi di bellezza. E così, Luigi Greca entra prepotentemente, con merito e onore nella storia della nostra città. Dopo il suo centoquarantesimo compleanno, (perché fino a quell’età pensa di vivere per continuare a creare bellezza), il suo nome dovrebbe essere scolpito a grossi caratteri sulla pietra a futura memoria. Pertanto, davvero lunga vita a Luigi Greca!

 

5 Commenti

  1. Si ok. Ma noi cosa c’è ne facciamo? Si può utilizzare sfruttare affittare visitare in qualche modo o rimane lì e basta?

  2. Penso che debba essere un esempio per i cittadini e per l’Amministrazioni di oggi e future per dare il meglio alla Città aiutandola ad esprimere le sue potenzialità di essere al centro del mondo. Si può, è un Sogno fattibile, c’è la possiamo fare, l’importante è remare tutti, insieme nell’interesse comune.
    C’è la faremo importante è avere dei sogni e credere nella loro realizzazione.

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