Incarichi legali da tagliare al Comune, i dubbi degli avvocati: “pronti ad ogni azione per tutelare la categoria”

 
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Gela. La decisione della giunta comunale di tagliare le spese per incarichi legali, assegnando a tre professionisti l’intero carico giudiziario dell’ente, non sembra convincere i componenti del locale consiglio dell’ordine degli avvocati.
“E’ un rapporto di lavoro dipendete?”. A prendere posizione, da questo punto di vista, è il presidente dell’ordine, l’avvocato Antonio Gagliano, di recente nominato anche al vertice del consiglio distrettuale di disciplina dell’ordine degli avvocati di Caltanissetta. “Mi soffermo solo su criticità  tecnico normative dell’avviso pubblicato – spiega – credo che le previsioni sul luogo della prestazione e, almeno implicitamente, su un certo obbligo orario potrebbero risultare in violazione dei criteri d’indipendenza ed autonomia dell’avvocato, sanciti peraltro dagli articoli 3 e 18 della legge professionale. Questa norma credo rilevi in quanto il rapporto sembra nella sostanza riconducibile al lavoro dipendente, tanto da far scattare l’incompatibilità con l’iscrizione all’albo professionale”.

“Si svilisce la dignità del professionista”. Le perplessità di Gagliano, inoltre, riguardano i parametri per il pagamento delle prestazioni svolte dai tre legali che, una volta accettato l’incarico, dovrebbero organizzarsi in un’associazione temporanea di scopo. “Credo che, almeno fino ad oggi – continua Gagliano – gli avvocati non possano partecipare ad associazioni definite associazioni temporanee di scopo ma solo a quelle previste dalla loro legge professionale. La previsione dei compensi, individuando anche la possibilità, anzi la quasi certezza, che il professionista non sia pagato per l’attività giudiziale svolta, mi pare contraddire il principio di decoro e dignità della professione. Invece, la previsione di un compenso pari al 5% di quanto il Comune dovesse risparmiare in sede di mediazione, oltre a rappresentare un costo spropositato per l’ente stesso ed essere possibile fonte di profittamento, appare riconducibile ad un patto di quota lite che, ancora oggi, é vietato dalla legge e dal codice deontologico”. Davanti a questi rilievi, Gagliano non esclude che possa essere avviata “ogni azione per tutelare l’interesse della categoria, così come anche di recente é avvenuto con altre amministrazioni. Oltre a ciò, non si ometterà di vagliare la posizione di quegli iscritti che possano incorrere in violazione deontologiche”.

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