Inchiesta “Fabula”, assolto Cassarà: non impose estorsioni ad impreditori

 
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Cassarà è stato assolto

Gela. Non furono richieste estorsive. I giudici del collegio penale del tribunale hanno assolto, con formula piena, l’imprenditore cinquantaduenne Nicolò Cassarà. Ormai sei anni fa venne coinvolto nell’indagine antimafia “Fabula”, con l’accusa di aver chiesto la messa a posto agli imprenditori Sandro Missuto e Francesco Cammarata. Secondo gli investigatori, avrebbe spalleggiato Roberto Di Stefano, ora collaboratore di giustizia ma che dagli investigatori fu individuato come vertice del gruppo mafioso dei Rinzivillo. I due imprenditori si sono costituiti parti civili, con gli avvocati Luigi Miceli Tagliavia e Antonio Gagliano. Entrambi hanno chiesto la condanna dell’imputato, così come il pm Davide Spina. Conclusioni non accolte dai giudici. Il magistrato, al termine della requisitoria, ha confermato le contestazioni, chiedendone la condanna a otto anni di detenzione. Secondo gli inquirenti, Cassarà avrebbe favorito i clan. La difesa dell’ex titolare di una cava di inerti, sostenuta dall’avvocato Giovanni Lomonaco, ha invece ripercorso per intero gli esiti investigativi, basandosi sulle dichiarazioni rese dai testimoni, a cominciare dallo stesso Roberto Di Stefano, che ha sempre escluso un ruolo di Cassarà in presunte richieste estorsive. Proprio quanto raccontato dalle presunte vittime delle imposizioni è stato usato dalla difesa per ricostruire un quadro fatto di tante contraddizioni, ribadendo che l’imputato non fu dietro ad alcuna messa a posto. Cassarà, sentito in aula negli scorsi mesi, ha infatti spiegato di aver spinto alla collaborazione con la giustizia sia Di Stefano che Emanuele Terlati. Avrebbe solo risposto ad alcune richieste di aiuto economico che gli provenivano, ma senza mai pretendere denaro o millantare la possibilità di aggiustare processi. Secondo gli investigatori, l’imputato avrebbe confidato ad alcuni interlocutori e agli stessi imprenditori che poi lo denunciarono di far parte dei servizi segreti. Da quanto emerso nell’istruttoria dibattimentale, confermato dalle sue parole, in realtà avrebbe spesso collaborato con alcuni agenti di polizia, fornendo particolari su quanto accadeva nel territorio locale. Pare fosse in costante contatto con uno degli ex dirigenti del commissariato e con un altro funzionario.

La difesa ha anche spiegato che fu Cassarà ad essere spesso al centro di richieste di denaro e di pressioni, per via dell’attività svolta dalla sua famiglia con la fornitura di inerti. Durante la deposizione, ha raccontato di aver subito pressioni da “Valerio Longo e Gino Rinzivillo”. Avrebbe inoltre compreso che Sandro Missuto, registrando alcune conversazioni, avrebbe voluto incastrarlo, per metterlo in cattiva luce con le forze dell’ordine. Elementi, tutti ricostruiti dal difensore, che hanno indotto il collegio penale ad emettere una sentenza di assoluzione.

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