Inchiesta “Revenge”, i particolari: spari e sangue per un motorino sequestrato

 
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Immagine di repertorio

Gela. Il motorino sequestrato, la rivalità e le armi. Sono tanti gli aspetti che ruotano intorno all’inchiesta “Revenge”, coordinata dai pm della procura e portata avanti dai carabinieri. Gli investigatori hanno seguito le tracce del piombo, dopo il ferimento dei fratelli Antonino Raitano e Ruben Raitano, attualmente detenuti per vicende che si legano all’indagine. A sparare sarebbe stato il ventenne Rosario Trubia, recluso da diversi mesi e a sua volta coinvolto nell’indagine. Colpi di pistola che sarebbero stati la risposta all’affronto dei Raitano, che per “vendicare” il sequestro di un motorino rubato, avrebbero rapinato il fratello minore del ventenne, al quale fu sottratto un mezzo elettrico. Per i Raitano, il motorino recuperato dai carabinieri e che loro stessi spesso usavano per spostarsi, sarebbero stato conseguenza di troppe leggerezze dei Trubia, a quanto pare a loro volta nella disponibilità del mezzo. Ruggini che avrebbero portato agli spari. I Raitano non si sarebbero tirati indietro neanche dopo il presunto avvertimento a colpi di pistola e sarebbero stati loro stessi, a distanza di pochi giorni, a vendicarsi sparando in direzione dell’ovile dei Trubia. I carabinieri, già lo scorso anno, avevano iniziato a capire che tra i diversi fatti di fuoco potessero esserci degli stretti collegamenti. I pm della procura e i militari sono arrivati al sequestro di due pistole, una calibro 45 recuperata nell’ovile dei Trubia e un’altra scoperta nell’abitazione dei Raitano a Settefarine. Sono però convinti che ci fosse anche un fucile, probabilmente usato dai due fratelli per fare fuoco contro l’ovile dei rivali. Non solo le tracce del piombo, ma anche quelle del sangue, dato che oltre al grave ferimento di Antonino Raitano (il fratello Ruben riportò conseguenze più lievi), i carabinieri hanno ricostruito il ferimento del padre del giovane Rosario Trubia, l’allevatore Vincenzo Trubia, trovato con una profonda ferita al piede durante la perquisizione nell’ovile. Nell’inchiesta è coinvolto un altro figlio dell’uomo, il ventitreenne Giuseppe Trubia, fratello di Rosario.

Giacomo Tumminelli e Giovanni Alario, secondo gli investigatori, avrebbero avuto ruoli legati alle armi, finite al centro dell’intera vicenda. Tutti particolari che verranno probabilmente approfonditi nel corso degli interrogatori. I magistrati della procura e i carabinieri del reparto territoriale, del nucleo operativo e della radiomobile, coordinati dal colonnello Ivan Boracchia, sono certi di aver chiuso il cerchio del piombo, che nel giro di poche settimane, lo scorso anno, portò sangue e intimidazioni.

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