Indagini su Liardo e i familiari, Cassazione conferma misura e confisca di diversi beni

 
0

Gela. Il quarantasettenne Nicola Liardo, da anni considerato legato a Cosa nostra, “è ancora pericoloso”. I giudici della Corte di Cassazione, che hanno depositato le motivazioni appena rese pubbliche, hanno respinto il ricorso avanzato dalle difese dello stesso Liardo e della moglie, la quarantaquattrenne Monia Greco. I giudici romani hanno confermato la misura personale per Liardo, con altri due anni di sorveglianza speciale, e la confisca di alcuni beni mobili e immobili, riferibili ai coniugi. Sono state ribadite le pronunce sia dei giudici del tribunale di Caltanissetta che di quelli della Corte d’appello nissena. Nelle motivazioni, i giudici romani confermano che Liardo, attualmente detenuto anche per la vicenda dell’omicidio Sequino (è in corso il procedimento di primo grado), pur essendo stato assolto da contestazioni di associazione mafiosa, ha comunque pendenze per droga ed estorsioni, aggravate dal metodo mafioso. “Si fornisce anche risposta adeguata ai rilievi in punto di pericolosità  qualificata, poiché anche se il Liardo è stato assolto dal reato previsto dall’art. 416-bis cod. pen., risulta essere stato condannato, oltre che raggiunto da ordinanze  cautelari, per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 sulla base di plurime chiamate  in correità, perché coinvolto oltre che nello spaccio anche in estorsioni aggravate dall’art. 7 I. n. 203/91, quindi per reati aggravati dalle modalità mafiose”, si legge nelle motivazioni, ora pubbliche. Anche sui beni, la confisca viene confermata considerando una sproporzione tra i redditi dei coniugi e dei familiari e le disponibilità individuate dagli investigatori.

Il provvedimento di confisca, come spiegano anche i giudici romani, ha avuto come fondamento, tra gli altri elementi, quello dell’incremento patrimoniale, ritenuto ingiustificato. Le attività di verifica si concentrarono pure sulle somme, in totale circa 100 mila euro, che vennero usate per l’acquisto di due bar, il “Cafè Paris” nel 2005 e lo “Slup” nel 2006. Secondo le difese, si sarebbe trattato di somme trasferite regolarmente, del tutto estranee ad attività illecite. Aspetti che non hanno convinto la procura generale, che ha chiesto di respingere il ricorso, così come deciso dalla Cassazione, che ha confermato la confisca.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here