“Industrializzazione senza sviluppo”, studio voluto e cancellato da Eni

 
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Gela. “Industrializzazione senza sviluppo” è il testo di Eyvind Hytten e Marco Marchione scritto, nel 1970, su commissione della stessa Eni.

L’obiettivo era mettere in evidenza e dimostrare, all’Italia colonizzatrice, il grande sviluppo che Gela, ad opera dell’Ente di stato, avrebbe provocato nel nostro territorio.

I due studiosi, hanno subito evidenziato uno sviluppo distorto, dallo sguardo corto di gruppi monopolistici pubblici e privati e di una classe dirigente che non ha saputo o voluto leggere il mezzogiorno colonizzato dai piemontesi sin dal 1860.

Il testo, non rispecchiando le aspettative del gruppo Eni, fu subito ritirato dalle librerie e vietata la ristampa.

I due autori, per nulla sottomessi ad Eni, sostenevano una inversione di tendenza per un tipo di sviluppo in grado di avvicinare crescita economica e benessere.

L’industria nel territorio gelese accese grandi speranze seguite, purtroppo rapidamente, da brucianti delusioni che continuano a produrre effetti negativi sulla società e sull’ambiente. Continuare a vedere il fallimento sindacale e politico nella città di Gela, serve ad aprire nuove vie e gettare nuova luce sugli errori del passato, sul permanere ed approfondirsi della questione meridionale e della questione mafiosa, che per alcuni scrittori la mafia è antropologica.

La cecità, con cui la nostra cultura e la nostra classe dirigente politica amministrativa continuano a persistere, porta inevitabilmente al disastro economico e sociale del territorio, tanto fragile e tanto provato dall’esperienza negativa dell’industria colonizzatrice Eni.

Per potere pensare ad uno sviluppo del territorio, non basta più pensare a fare emergere le nostre risorse produttive già tanto declassate e abbandonate dalla classe dirigente che ci governa e che ci ha governato fino ad oggi, ma bisogna prendere in considerazioni le affermazioni del filosofo Torinese Diego Fusaro, che asserisce categoricamente: il mondo sta cambiando e lo stesso concetto meridionalistico, sta subendo trasformazioni di proporzioni più estese.

Noi che come meridionali abbiamo subito e stiamo subendo la colonizzazione del nord dell’Italia. Oggi l’Italia tutta è al sud del nord Europa e sta subendo la colonizzazione dell’Europa economicamente e politicamente dominante.

E’ chiaro che se non prendiamo coscienza della nostra realtà e della nostra autonomia di gestione, sia a livello statale che a livello regionale, liquidando questa classe politica parassitaria, priva di una visione a largo raggio, nefasta per il territorio, venduta alla massoneria dominante in Europa, ogni tentativo è inutile: non resta che fare torto o patirlo.

E’ il disordine, il caos assoluto che ci aspettiamo.

Il caso Gela, esplode dopo le ferite ancora aperte dei casi Thyssenkrupp, Eternit e Ilva e si manifesta dopo l’incidente del mese di agosto, avvenuto nel più grande impianto industriale di Sicilia, il petrolchimico di Gela.

Il territorio, il mare, l’aria e le coste sono ancora oggi minacciate dalla fuoriuscita di tonnellate di greggio, che provoca da decenni una malefica esalazione dell’aria con l’infiltrazione nelle falde acquifere e nei terreni, ancora ritenuti cause dell’aumento esponenziale di gravi patologie. Adriano Sofri, nel caso dell’Ilva di Taranto parlò di “odissea”, ma nel caso di Gela, bisogna parlare di “tragedia”, considerando l’allargamento della portata del disastro ambientale

Nel territorio gelese, si sono diffuse particolari tipi di deformazione come per esempio le ipospadie particolari e le neoplasie.

La magistratura è intervenuta, sommariamente, con condanne e alcune imposizioni di limite alle attività industriale.  Sempre più carichi di angoscia e di paura si fanno le denunce dei gelesi per l’aumento crescente di bambini nati con gravissime malformazioni. Nel 2002 sono nati 512 bambini affetti di gravissime malformazioni. Sull’indagine fatta dal giornale “l’Espresso”, che fa riferimento ad uno studio ancora inedito dell’osservatorio Epidemiologico della Regione Sicilia, morte e malattie risparmiano poche fortunate famiglie. Non si salva nessuno, operai, impiegati, avvocati, casalinghe e professionisti, perché le malattie sono democratiche e se ne fregano delle classi sociali.

L’Eni, incurante, ha sparpagliato veleni in lungo e in largo, coinvolgendo Niscemi e Butera per decenni, tenendo sindacati e politici sotto la spada di Damocle con la minaccia della cassa integrazione, ad ogni minimo movimento di insubordinazione. Queste erano le informazioni che arrivavano ai lavoratori ignari. Esistono nel territorio livelli estremamente elevati di inquinamenti chimici con caratteristiche di tossicità, persistenza e bioaccumulo.

L’Eni non si è mai preoccupata dell’ambiente circostante, infatti la strada che conduce verso Vittoria (ss 115), era un arco meraviglioso caratterizzato dai rami degli alberi posti nei due lati della strada, subito dopo divelti per la vergogna, si erano bruciati. Era interessata a produrre e a dimostrare allo stato colonizzatore, la produzione e gli utili, così , visto che l’Ente era a partecipazione statale, usufruiva di lauti finanziamenti annuali dello Stato e uccideva i popoli sottomessi, comportandosi come tutti i paesi colonizzatori.

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