Intervista a…Sonia Aloisi: io, fotografa di scena per due premi Oscar

 
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Gela. E’ una delle figure più originali ed eclettiche del fashion system.

Padrona nel genere fotografico della moda, i suoi scatti raccontano gli stili del nostro tempo suggerendo gusti e tendenze con una determinazione tale da sconfinare nell’immaginario delle giovani generazioni.

Ma al centro del suo obiettivo non pone esclusivamente oggetti o cose: Sonia con la sua Nikon sa raccontare bene attraverso gli sguardi, i volti. Non sempre la sua etica di lavoro concilia con la persuasione. E pur essendo inserito all’interno di una grande massa di messaggi mediatici di tipo per lo più commerciale, il genere che interpreta si è sforzato di bucare il rumore anche attraverso la denuncia.

Adesso dai suoi album emergono ritratti di attori e cineasti: scatti sul set, scatti rubati fuori dal set, scatti di gente del cinema, interpretazioni personali della fotografia di scena.

Mazzarino e lo scandalo di violenze, estorsione e omicidi che coinvolse i monaci del convento nel 1960 in Pagate Fratelli con Tony Sperandero, Benedetto Lo Monaco e Viviana di Natale; la capitale fatta di mistero ed esoterismo per la fiction Il Tredicesimo Apostolo con Claudio Gioè e Claudia Pandolfi si sono rivelate delle occasioni importanti di crescita professionale. Ma non per questo Sonia sente di “essere arrivata” e con l’umiltà che la contraddistingue e l’entusiasmo di una bambina che riesce ancora ad imbarazzarsi ci racconta che è stata nuovamente a Roma e questa volta per il set di Third Person.

Dalle fotografie di moda a quelle del cinema. I tuoi ultimi scatti rappresentano un vero e proprio lasciapassare per i backstage di alcuni  importanti set. Vorrei assolutamente sfruttare l’accesso privilegiato all’ultimo tra questi che ti ha tenuta impegnata a ritrarre l’ultimo cast riunito da Paul Haggis, regista del film Crash, vincitore nel 2006 di tre premi Oscar…

Il 17 ottobre e solo in occasione di quella giornata mi è stata data questa straordinaria possibilità: partecipare come fotografa di scena per Third Person, prodotto da Moviemax Media Group. Il film uscirà nel 2014 e racconta la storia intrecciata di tre coppie che vivono in metropoli diverse: New York, Parigi e Roma. L’idea principale è la narrazione di una storia moderna sulle relazione: le tre storie infatti rappresentano l’inizio, la relazione vera e propria e la fine di questa. Anche la produzione cinematografica americana è investita dalla crisi economica quindi, in realtà, le scene verranno interamente girate in un’unica location, Roma appunto. Ho vissuto fortunatamente la giornata in cui, in un angolo del centro della capitale, è stata ricostruita l’atmosfera parigina con l’ausilio di un finto taxi francese…

Dietro le quinte, la fotografia sembra impossessarsi di un duplice potere: quello di sottolineare l’eccezionalità del mondo del cinema attraverso il fascino che evoca la finzione e quello di normalizzare e umanizzare il tutto, mostrando il lavoro e le persone che stanno dietro la finzione stessa. Dotata di questa magia, la tua macchina si è così trovata tra te e Liam Neeson, premio Oscar per Schindler List, per esempio. O tra te e Adrian Brody, straordinario protagonista e premio Oscar del Pianista mentre sorseggiava (foto parlando)…

della Coca cola! Credimi, l’aria di misticismo e di divinità non si respirava affatto. A far del chiasso e a creare delle zone tabù a volte sono più gli addetti ai lavori che ruotano attorno agli attori che gli attori stessi. Gli atteggiamenti da smania e da snob non appartengono agli hollywoodiani a quanto pare. Anzi. Per esempio, pur essendo tenuta a distanza insieme ad altri fotografi, lo stesso Liam Neeson ha richiamato la mia attenzione con un cenno di mano per poter visionare i miei scatti: la stessa mano che mi sono ritrovata sulla spalla in segno di approvazione..Adrian Brody girava in ciabatte per via del caldo…Tutto si è svolto all’insegna della professionalità e della spontaneità, semplicità. Paradossalmente mi è capitato di riscontrare carenza di questo genere di qualità in persone poi cadute nell’anonimato che hanno partecipato ai casting o come comparse per film di entità indubbiamente minori. Non voglio con questo sottolineare l’importanza di quest’ultima esperienza per denigrare le altre, piuttosto vorrei premiare un certo tipo di atteggiamento nei confronti del lavoro…

Qual è il tuo approccio personale nella foto di scena?

Il mio approccio è rimasto identico a quello che utilizzo quando mi capita di fotografare un mendicante per strada o il volto di una donna anziana. Ovviamente, muta il tipo di emozione quando dedico un click a Salvatore Lazzaro, che ha impersonato nel Capo dei capi Bernardo Provenzano, o Adrian Brody ,ma questo perché io personalmente sono una loro timida fan.  Nel mio lavoro però ho cercato di arginare qualsiasi forma di emozione che potesse sfociare in isterismo. Avrei voluto fare tante di quelle domande…lo conosco bene il Pianista essendo uno dei miei film preferiti e per me sono sempre lacrime quando lo rivedo. Ma in scena, il mio approccio con il suo protagonista rimane uguale a quello che riservo ad un casting o alla produzione di un lungometraggio locale, a quello che riservo nei confronti della vita stessa: la fotografia è istinto, è quello che tu vedi con gli occhi e con l’anima.

Cosa ha significato per te seguire, fotograficamente parlando, la vita di un film?

La possibilità di raccontare la vita che si svolge dietro il prodotto finito, il fim. Chi non ha mai immaginato cosa capita dietro le quinte di un film o di una serie televisiva a noi cara? Le risate, le pause e soprattutto l’estenuante lavoro non solo degli attori ma anche dei produttori, dei direttori, dei truccatori, dei microfonisti e di tutte quelle figure, essenziali per la sua realizzazione. Per una singola scena dalla durata di 10 minuti si perdono ore e ore in cui si prova stanchezza fisica in qualsiasi momento  del giorno e della notte. Le mie foto possono costituire un mezzo per far capire a tutti ragazzi con cui mi capita di lavorare e che sognano di entrare nel mondo della moda o del cinema che questi settori non rappresentano uno stile di vita facile e adagiata. Bisogna studiare sodo e lavorare, lavorare, lavorare…Anche io credo di dovere ancora studiare tantissimo e di fare parecchia strada.

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