L’inchiesta “Donne d’onore”, cade una delle accuse di estorsione per Nicola Liardo e il figlio: misure conferamate agli indagati

 
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Gela. Non era un’estorsione quella richiesta di denaro

fatta pervenire al titolare di un magazzino d’ortofrutta della città.

Il blitz “Donne d’onore”. Così, i giudici del riesame di Caltanissetta hanno annullato la parte dell’ordinanza con la quale i magistrati della Dda di Caltanissetta accusavano il quarantaduenne Nicola Liardo e il figlio Giuseppe, finiti al centro dell’indagine “Donne d’onore”. Le misure cautelari sono state confermate per tutti gli indagati, a cominciare dalla detenzione in carcere del presunto capo Nicola Liardo. I suoi difensori, gli avvocati Giacomo Ventura e Davide Limoncello, sono però riusciti a dimostrare come la richiesta di denaro fosse giustificata da un debito che il titolare del magazzino aveva accumulato con la famiglia Liardo. Inoltre, l’ordinanza, in parte, è stata annullata per Giuseppe Liardo, difeso dall’avvocato Davide Limoncello, che era ritenuto responsabile di aver acquistato droga a Catania, in almeno un caso, per poi rivenderla a due presunti acquirenti. La difesa è riuscita a far cadere quest’accusa, anche se gli arresti domiciliari sono comunque confermati. Allo stesso modo, vengono mantenute tutte le misure per gli altri indagati, a cominciare da Monia Greco, Salvatore Raniolo e Dorotea Liardo. Tra i coinvolti, ci sono anche i catanesi Salvatore Crisafulli e Maria Teresa Chiaramonte. Per i pm della Dda nissena e per i carabinieri, il quarantaduenne Nicola Liardo avrebbe dato ordini dal carcere, eseguiti direttamente dai suoi familiari, nel tentativo di gestire un presunto giro di droga ed estorsioni.

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