L’incidente al Topping e lo sversamento in mare, i difensori contro le perizie: a processo manager e tecnici Eni

 
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Gela. Davanti al nuovo giudice, hanno ribadito le loro eccezioni

preliminari.

Il guasto al Topping. I difensori degli imputati accusati di aver fatto parte di una presunta catena di inefficienze, che avrebbe condotto ad un maxi sversamento di idrocarburi nel fiume Gela e poi in mare, ritengono non utilizzabili gli esiti delle perizie tecniche condotte in fase d’indagine e hanno chiesto l’esclusione della costituzione della parti civili rispetto alla posizione della società Raffineria di Gela. Sulle eccezioni, il giudice Miriam D’Amore si pronuncerà alla prossima udienza, fissata per gennaio. A processo, ci sono Bernardo Casa, Michele Viglianisi, Massimo Lo Faso, Maurizio Tarantino, Arturo Anania, Gaetano Zinna, Leone Pollicino, Emanuele Pellegrino e la stessa società Raffineria di Gela. Il guasto, all’origine del grave incidente, si sarebbe verificato nell’area dell’impianto Topping 1. La successiva macchia nera si estese dal fiume Gela fino in mare. In base alle accuse mosse dai magistrati della procura, ci sarebbero state diverse inadempienze tecniche, che avrebbero causato la fuoriuscita. Le eccezioni dei difensori sono state contestate sia dal pm Pamela Cellura sia dai legali delle parti civili, gli avvocati Maurizio Cannizzo, Flavio Sinatra e Joseph Donegani, che assistono il Comune e le associazioni Aria Nuova e Amici della Terra. Nel pool di difesa, ci sono gli avvocati Gualtiero Cataldo, Luigi e Carlo Autru Ryolo, Nicola Granata, Attilio Floresta, Piero Ciarcià e Veleda Vedda.

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