L’ortofrutta della mafia: il pentito Costa, “ero stanco di pagare il pizzo”

 
0

Gela. “Ho scelto di collaborare con la giustizia perché ero stanco di dover pagare tutti i clan per ogni viaggio che effettuavo a bordo del mio camion”. Gianluca Costa, ex autotrasportatore trasferitosi per molti anni in Campania, sta mettendo a fuoco, insieme ai magistrati, il sistema del mercato dell’ortofrutta siciliano.
Un settore che sarebbe controllato, per larghe fette, dalla criminalità organizzata. Casalesi e non solo.

“Me ne andai da Gela nel 2000 – ha raccontato durante la sua audizione davanti alla corte presieduta dal giudice Paolo Fiore che sta giudicando sette esponenti di stidda e cosa nostra accusati di aver imposto il pagamento di denaro all’agenzia gestita da Gaetano Morteo, Nicolò Bartolotta, Giuseppe Valenti e Orazio Cosenza – nel 1994, decisi di acquistare un camion per iniziare l’attività autonoma di autotrasporto. Caricavo per diverse agenzie locali, soprattutto per quella di Valenti, Morteo, Cosenza e Bartolotta. Il rapporto si concluse quando mi accusarono di rubare denaro pagato dai clienti. Decisi di viaggiare per conto dell’agenzia campana La Paganese gestita da Costantino Pagano. In quel periodo, subì diverse minacce e mi fecero trovare una corona di fiori proprio davanti al mio camion. Scelsi di andarmene per lavorare a tempo pieno con la Paganese ma fu addirittura peggio”.
Costa è già stato condannato nei giudizi avviati dopo il maxi blitz “Sud Pontino” che servì a svelare gli affari di cosa nostra e camorra nel settore dell’ortofrutta.
“Dopo il mio trasferimento in Campania – ha continuato il collaboratore di giustizia – ho iniziato a vivere a Napoli, lavorando per conto della famiglia Pagano. Avviai una relazione sentimentale con una parente di Costantino Pagano, per questa ragione conosco bene i rapporti intrattenuti tra camorra e cosa nostra per spartirsi il bottino del trasporto dell’ortofrutta in Italia”.
Gianluca Costa ha fatto il suo esordio come collaboratore di giustizia in Sicilia proprio davanti alla corte presieduta dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Vincenzo Di Blasi. Alla sbarra ci sono Carmelo Fiorisi, Salvatore Burgio, Salvatore Murana, Armando D’Arma, Paolo Di Maggio, Vincenzo Gueli, Gaetano Azzolina ed Enrico Maganuco. Sono tutti accusati di aver sottoposto ad estorsione l’agenzia di trasporto gestita da Gaetano Morteo, Nicolò Bartolotta, Giuseppe Valenti e Orazio Cosenza. Accuse, comunque, del tutto ridimensionate da collaboratori di giustizia come Marcello Orazio Sultano ed Emanuele Celona.
“Ma come avremmo potuto mettere sotto estorsione quest’agenzia? Era nostra! – ha ammesso lo stesso Celona – avremmo dovuto imporci un’autoestorsione?”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here