L’uomo che riparte

 
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L'ex presidente deve rispondere di diffamazione

Ridacchia e si muove frenetico, sputacchia, non sbianca mai quando gli si fa una domanda diretta, fa un girotondo lunghissimo e attinge dal solito cassetto le risposte. Le solite. Si accende una sigaretta e inizia lo spettacolo. Sì, lo spettacolo, perché – diciamocela tutta – il Presidentissimo uomo che non sbianca è più un personaggio che un politico, fa notizia per com’è, per la capacità di dissimulare, di dimenticare, di sproloquiare quando è in difficoltà, ma non per chi è, per quello che fa né per quello che ha fatto.

Usa acronimi, stringe alleanze  e poi le sconfessa, usa numeri, si dimentica dei più deboli, ridacchia ancora e muove la coda. La muove da lì, dal doratissimo  Palazzo d’Orleans che non vuol lasciare illudendosi – addirittura – di meritarselo quel posto!

La  muove da lì, come la muoveva da qui, dalla sua città natale che gli ha addirittura regalato l’occasione  di lasciare quel posto come dipendente Eni per compiere il salto. Una specie di sogno americano  con cap 93012.

L’America si deve tenere Trump e noi ci siamo tenuti lui!

 

 Probabilmente, se non fosse Saro e iniziasse ad essere davvero il Presidente della Regione non parleremmo  di lui! Questo,  certo,  gli va riconosciuto. E’ decisamente un portento ad esser solo sé stesso, solo Saro. Null’altro.

Ed è un portento straordinario nel creare movimenti con la stessa facilità con cui un bimbo, a scuola, scambia le figurine  con il compagnetto di banco.

 Dal Megafono, sua creatura fatata di cui abbiamo perso le tracce, ai megafonini rimasti che  sembrano essere ancora lì in attesa di  tornare alla vita dopo anni di “Sissignore!”. Adesso, ha creato il suo nuovo bimbo prodigio, che è pure all’avanguardia e super moderno  perché munito di immancabile hashtag. Roba  che Instagram, il giorno della nascita di  “#RiparteSicilia”, voleva cedere le quote societarie al Presidentissimo ma lui – che è buono e misericordioso – si narra abbia prontamente risposto, “date tutto al mio amico Miccichè!” .

 

Ecco. Lui riparte. Sembra quasi poetica e romantica la cosa. Miracolo, miracolo! Ci sentiamo al sicuro. Praticamente siamo già in viaggio, in partenza, appunto.

Saro è tornato, non se ne è mai andato in verità. Un Santo protettore della Sicilia che è pronto a combattere per noi e a difenderci dai draghi, dal malaffare in cui la politica sguazza. Riparte il Presidentissimo, riparte incurante e sognante, come solo lui sa  essere, della viltà politica alla quale ci ha abituati, delle frasi biascicate, delle promesse gridate dai palchi, dalle piazze, dai salotti di programmi televisivi i cui presentatori ben si preoccupano di non incalzarlo e di lasciargli il tempo di trovare le parole. Le solite. Fino ad apostrofarci “Regione canaglia”, quasi che guardandosi allo specchio avesse scelto con cura la descrizione della terra che rappresenta ma che, se questa stessa terra potesse parlare, forse, gli chiederebbe di smetterla  e gli spiegherebbe che non solo la mafia rovina la Sicilia ma anche chi usa la Sicilia intestandosene la paternità. Non ha padre questa “buttanissima Sicilia“, terra d’amuri e manu tisi. Non ha né padre né madre, è un bambino gettato  in un cassonetto.

Però lui riparte. Riparte da dove? Da chi? Da quale città, da quali cives?  Riparte dalla sua rubrica telefonica colma dei nomi dei suoi cives, una cerchia ristretta di fortunelli che intorno gli ruotano come satelliti? Quelli erano megafonini, questi cosa sono? Ah ecco i ripartini. Non le chiediamo i nomi, li conosciamo già.

Ripartire, ricominciare, rialzarsi, ogni parola il cui prefisso sia ri – fateci caso – è una parola che dà l’idea della forza. Ma le parole hanno il volto di chi le pronuncia  e questa sembra più un epitaffio sulla tomba della Sicilia.

Noi, possiamo ancora fare qualcosa.

Noi possiamo scegliere  e anche Lei  può fare qualcosa Presidente, smetterla. 

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