La banda delle auto e delle moto, tutto iniziò dal furto di 13 mila euro: Caci e Raniolo non parlano

 
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Gela. Le strade di Settefarine, le auto e le moto rubate, ma anche i rapporti tra gli indagati. I pm della procura e i poliziotti del commissariato hanno ricostruito la presunta rete del furto, partendo da un colpo da tredicimila euro, subito tre anni fa da una donna. L’inchiesta è poi proseguita, con appostamenti e intercettazioni. Moto, vespe, automobili finivano nel mirino della presunta banda. Non sarebbero mancate neanche le frizioni interne, con l’incendio dell’auto, subito da un familiare di uno dei presunti esponenti del gruppo. Gli inquirenti ritengono che i componenti dei mezzi rubati venissero ricettati, ma anche trasferiti all’estero. Nelle ultime ore, i poliziotti stanno stringendo il cerchio investigativo anche intorno al trentacinquenne Salvatore Romano (un altro degli indagati).

Questa mattina, mentre i pm della procura e i poliziotti, insieme al questore Giovanni Signer, illustravano i particolari dell’inchiesta “Fast&Furious”, sono iniziati gli interrogatori degli arrestati. Francesco Caci e Salvatore Raniolo, in carcere a Balate, hanno scelto di non rispondere. Si sono presentati davanti al gip Lirio Conti, difesi dagli avvocati Francesco Enia e Ivan Bellanti. Nei prossimi giorni, toccherà agli altri coinvolti.

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