La città mortificata dal risorgimento di Crocetta, sprechi e storia cancellata

 
0

Gela una città massacrata dai politici e dagli storici locali con una faciloneria spaventosa. La città mortificata. Le vecchie porte della città federiciana sono tutte scomparse, rimaneva l’arco di Porta Marina, quando il Signor Rosario Crocetta viene eletto sindaco di Gela, promettendo un nuovo risorgimento per la città. Alla fine mi accorgo che il risorgimento per il Signor Rosario Crocetta consisteva nel cancellare le vestigia storiche della nostra città.

Infatti, l’arco di Porta Marina veniva completamente ricoperto di tavole per evitare che un qualsiasi visitatore potesse capire di che cosa stessimo parlando e non mi sono più stupito di nulla.

Tutto si è distrutto. Nemmeno quando ho visto costruire le famose “Ali della libertà all’ingresso del pontile sbarcatoio. Io, conoscendo personalmente l’attuale presidente della Regione Siciliana ho capito che il nostro amico avesse completamente dimenticato le lezioni sul risorgimento Italiano, studiate a scuola. Nemmeno quell’occhio musulmano, che guarda verso la Mecca mi ha scandalizzato (costruito sul lungomare a Macchitella) perché così ha voluto smentire che Gela non è solo la città dove viene applicata la teoria di Lavoisier al contrario, dove tutto si distrugge e niente si crea.

Investimenti inutili. A Gela (secondo le opere di Crocetta) si costruisce e nulla si trasforma. Infatti, il Pontile sbarcatoio rimane impraticabile, nonostante i soldi spesi per ripristinare un pezzo di pontile crollato, peccato per i cittadini Gelesi che amavano farsi delle belle passeggiate lungo il pontile sbarcatoio, oppure lungo il parco delle rimembranze, anch’esso chiuso ai cittadini che ancora oggi non capiscono il perché di tanto scempio.

Demolita la storia. La ex scuola elementare di fronte il lido “La Conchiglia”, viene abbattuta , forse perché pericolante o forse perché ogni riferimento al passato deve essere cancellato, come la porta Vittoria cancellata per dare spazio a quell’obbrobrio edilizio costruito su un antico castello con la visuale del calvario. E che dire della porta di Caltagirone distrutta completamente per dare spazio a una costruzione che rovina totalmente l’architettura della vecchia città?

Noi siamo Italiani che dobbiamo dimenticare il nostro passato, come le mura federiciane, dove è stato permesso di costruirci sopra e ogni iniziativa di distruzione è bene accetta dai nostri politici e architetti moderni.

Subito dopo il 1860 politici inetti e incompetenti che si sono susseguiti in questi ultimi 160 anni hanno solo distrutto tutto ciò che la nostra città Greca, fondata oltre 2700 anni fa, possedeva.

Hanno ragione i nostri politici perché gli insegnamenti dei Tosco-Padani non ci hanno permesso di ragionare con la nostra testa anche se siamo vaccinati, ma ci hanno inculcato che siamo briganti, arretrati e ignoranti.

Infatti, ci scandalizziamo quando qualche voce fuori del seminato cerca di metterci in contatto con la realtà vera della storia, e quì intervengono tutti gli uomini di cultura che continuano a insegnare nelle nostre scuole tutto quello che i nordisti vogliono senza tenere conto delle nostre condizioni passate, in quanto a detta di storici prezzolati, eravamo ai tempi dei Borboni un popolo arretrato e privo di cultura, senza che mai uno studioso meridionale intraprendesse una ricerca per dimostrare questi fatti.

Noi siamo i Ciandali moderni del pre-cristianesimo che viviamo con la testa abbassata e non abbiamo il coraggio di alzare gli occhi verso i nostri colonizzatori.

Beviamo l’acqua che questi signori lasciano raccolta nelle orme delle loro scarpe lasciate sulla terra e continuiamo a camminare con le campanelle legate ai piedi.

L’Alfa Romeo ha radici meridionali. Pensare che fino al 1860 nel Regno delle due Sicilie vi erano impiegati per 1.595.359 nelle industrie, mentre nel resto dell’Italia gli impiegati erano 1.170.859, pari all’11,8%, contro quelli del sud arretrato il 16,5% . Nonostante ciò l’ingegnere Nicola Romeo di Sant’Antimo, meridionale, nel 1915 rilevava la fallimentare A.L.F.A (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) di Milano denominandola Alfa Romeo e elevandola a una delle migliori autovetture al mondo. Lo stesso Henry Ford agli inizi del novecento poteva asserire: quando passa un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello. Questo era il Regno delle due Sicilie fino al 1860, cioè prima che venisse colonizzata dai Piemontesi.

Esistevano: la Real Seteria di San Leucio, le porcellane di Capodimonte, il real opificio di Pietrarsa, le miniere di zolfo di Sicilia che garantivano i 4/5 della produzione mondiale, il Villaggio siderurgico di Mongiana, la produzione di bergamotto, la real fabbrica di Canne, le importanti reali ferriere, dalle quali uscirono i primi ponti sospesi in ferro d’Italia e le rotaie per le prime tratte ferroviarie d’Italia, dove nella sola Mongiana lavoravano più di 1500 operai, ( Angelo Forgioni- made in Naples) trascuriamo la navigazione marittima dove nel regio Arsenale di Castellammare di Stabia furono commissionate le prime navi a vapore del Mediterraneo. Tra questi: la Ferdinando I (1858), primo piroscafo di crociera al mondo, Ferdinando I (1831), straordinariamente veloce.

Le imprese del sud bloccate dai piemontesi. In Italia, nel 1860 , circolavano 75 locomotive, made in Italy, di cui 60 erano costruite nelle due Sicilie. Subito dopo il 1860, i piemontesi per favorire la Ansaldo, la Breda, e la Fiat, cancellarono in corsa il piano di sviluppo Borbonico e fra i primi provvedimenti del parlamento di Torino ci fu la sospensione dei lavori della ferrovia Tirreno-Adriatica tra Napoli e Brindisi, iniziata nel 1855. Eppure, le gallerie e i ponti erano già stati realizzati, ma a nulla valsero le proteste degli ingegneri convenzionati. La gestione delle ferrovie meridionali fu ceduta ad una compagnia privata del nord che subappaltò i lavori clandestinamente e permise una speculazione sulla costruzione delle ferrovie del sud che coinvolse diversi governi del regno d’Italia.

Scioperanti massacrati. Lo sciopero dei lavoratori di Pietrarsa del 5 agosto 1863, per la riduzione del personale, del salario e delle commesse, fu tragicamente sedato con le baionette dei Carabinieri, dei Bersaglieri e della Guardia Nazionale. Sono i primi morti dei lavoratori in sciopero.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here