La discoteca Planet era in mano a Cosa nostra, condannati i fratelli Tasca

 
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Gela. Pagano i fratelli Tasca, assolti tutti gli altri. Si conclude con due condanne e sei assoluzioni un processo che si è protratto per anni.

L’inchiesta denominata “Planet” ha preso spunto proprio dalla gestione dell’omonima discoteca del quartiere Caposoprano (che oggi non esiste più). Il tribunale, dopo alcune ore di camera di consiglio, ha emesso il verdetto di primo grado condannando per associazione mafiosa ad undici anni Carmelo Tasca, mentre il fratello Giuseppe a otto anni. Assolti tutti gli altri imputati, accusati di concorso in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento. La pubblica accusa, rappresentata da sostituto procuratore De Santis aveva chiesto cinque condanne e tre assoluzioni. Secondo i magistrati l’ex discoteca Planet di via Cicerone era nella completa disponibilità di Cosa nostra, che avrebbe di conseguenza usato dei prestanome. Carmelo Tasca sarebbe stato il reale proprietario.

L’accusa aveva chiesto una condanna a 13 anni per Carmelo Tasca, mentre per il fratello Giuseppe 9 anni per il reato di associazione mafiosa. Il tribunale ha inflitto pene leggermente inferiori. Assolti tutti gli altri imputati. Tre di loro, assistiti dall’avvocato Tonino Gagliano erano i gestori della discoteca, ovvero Dionigi Ascia, Emanuele Salvatore Perna e Franco Dario Volasini. Per loro l’accusa aveva sollecitato una pena a sei anni di reclusione. Il tribunale li ha assolti, così come ha assolto Clara Morteo, Sabrina Internullo e la madre di quest’ultima Carmela Di Dio, assistita dall’avvocato Giacomo Ventura. Le donne erano accusate di favoreggiamento, per aver ospitato nella propria abitazione Carmelo Tasca.

 

La discoteca Planet, siamo agli inizi degli anni novanta, cambiava spesso gestione. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito alla procura antimafia di fare luce su diversi aspetti, primo fra tutti l’intestazione fittizia. Per convincere i proprietari a cedere il locale Cosa nostra non avrebbe esitato a minacciare i titolari, con danneggiamenti e incendi, arrivando al punto di utilizzare un’auto piena di bottiglie molotov contro la saracinesca del locale. Un altro stratagemma scoperto dagli investigatori riguardava le false risse. La mafia controllava anche altri locali pubblici all’epoca e l’afflusso di centinaia di giovani in quella discoteca dava fastidio. Ed allora un modo per fare allontanare i clienti era quello di creare delle scazzottate. Si scoprì solo dopo che molte risse erano finte, create ad arte per provocare la fuga dei giovani e distruggere l’immagine del locale. In quel modo la discoteca perdeva di valore commerciale e di appeal e per la mafia era facile poi chiedere, in maniera elegante, la gestione della stessa. Il sequestro del locale e l’indagine giudiziaria hanno portato alla sua chiusura da anni. Del Planet non rimane più nulla. Solo la condanna per i fratelli Tasca, giudicati gli unici responsabili dell’associazione mafiosa.

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