La guerra non dichiarata dell’Unità d’Italia, invasione per saccheggiare il sud

 
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Gela. Partiamo da una considerazione ufficiale che animava l’aristocrazia e la plebe di tutta l’Europa del periodo e in particolare quella italiana, prima dell’occupazione piemontese del popolo del sud, anno 1860. Giordano Bruno Guerri con il suo testo “Il sangue del sud”, elabora una sua teoria, per giustificare l’invasione del regno Borbonico per l’unità d’Italia, elemento troppo importante, tenuto in debita considerazione da tutti i giovani italiani che avevano partecipato con tutti i movimenti rivoluzionari dal 1822 al 1848 all’unificazione dell’Italia. Si asseriva “che la causa principale andasse ricercata nell’effettiva condizione di minorità sociale e di miseria della plebe meridionale”.

Queste le giustificazioni che gli storici del potere asserivano per giustificare un’invasione senza dichiarazione di guerra, ma solo per impadronirsi delle ricchezze del sud. Che il popolo meridionale stesse socialmente e politicamente meglio del nord è stato dimostrato dalla storiografia ufficiale e dagli storici non prezzolati dalla massoneria dominante. Ma il grande stratega Cavour, francese di adozione, e il suo “compare” Garibaldi, interessati all’oro che circolava nel mezzogiorno, sostenevano che i rivoluzionari volevano solo costruire una Italia finalmente unita. Così invasero il sud senza dichiarazione di guerra e la guerra incivile che gli storici si sono impegnati a scrivere come vincitori andava dimenticata, nascosta o addirittura distrutta.

Siccome non potevano vantarsi dei massacri compiuti, distrussero i documenti per evitare che venissero consultati sia dagli storici prezzolati che dagli storici onesti.

Il brigantaggio, doveva essere cancellato o quantomeno rimosso dalla storia ufficiale e considerato solo una parentesi dolorosa della tragedia senza narrazione. Sulla base di questa teoria, da più di centosessanta anni che la cultura meridionale si lascia infinocchiare dalla politica paternalistica degli uomini del nord che bonariamente ci hanno mantenuti e assistiti con gravi sacrifici economici e sociali e noi insoddisfatti ogni tanto protestiamo e non consideriamo che loro hanno fatto l’Italia, applicando la teoria Machiavellica del fine che giustifica i mezzi.

Troppi sono stati i sacrifici che ha dovuto sopportare il popolo duo Siciliano, per accettare passivamente uccisioni, deportazioni o, quello ancora più grave, la cancellazione della nostra storia, della nostra dignità di esseri umani che ancora oggi sotto l’effetto della colonizzazione continuiamo a sopportare.

I nostri “briganti” reclamano di essere ricordati, perché il loro sangue versato per difendere i nostri confini e la nostra dignità, non può essere stato versato per irrorare semplicemente i nostri territori, ma chiedono vendetta e un posto nella storia patria.

Chi ha sbagliato deve chiedere scusa e ripristinare lo status quo senza perdere ulteriori anni di ripensamenti inutili e riscrivere la storia vera per una pace duratura della Italia, unita fisicamente senza mai pensare di unire gli Italiani. Questo è quello che ci auguriamo possa avvenire in maniera pacifica, per potere finalmente parlare di Italia e di Italiani. Ma fino a quando noi meridionali, non prendiamo coscienza della nostra realtà storica, della nostra dignità di uomini, non credo che qualcosa possa mutare, anzi continuiamo a vivere da popolo colonizzato e continuiamo a vedere sui tetti delle case un numero indescrivibile di serbatoi di acqua potabile, magari costruiti dai nordisti e i nostri supermercati pieni di prodotti provenienti dal nord a sostegno dell’industrializzazione della parte settentrionale di questa Italia fatta solo per il loro sostentamento e il loro sviluppo, perché più bravi e più progrediti in tutti i settori. “Loco al gentil oprar non v’è, non resta che fare torto o patirlo”. L’ultimo verso dell’Adelchi del Manzoni è la considerazione finale di noi meridionali, perché se ci guardassimo attorno, ci vedremmo circondati da uomini di cultura vastissima, però alla fine scorgeremmo che tutti saltano il periodo del risorgimento del 1860 ai primi del novecento. I nostri colonizzatori hanno voluto che venisse dimenticato o addirittura cancellato dalla storia, per non dare la possibilità di trattare l’argomento dei briganti ormai generalizzati in mafiosi. Noi, antropologicamente discendenti da generazione infetta di mafia e brigantaggio, dobbiamo solo cancellare dalla nostra memoria, per vivere serenamente. Questa è l’eredità che i nordisti ci hanno costruito addosso e impresso nella mente che non riusciamo più a scrollarci dalle spalle. Viva il popolo del nord e la cultura meridionale rincoglionita!

1 commento

  1. Ho smesso da tempo di intervenire sui predicozzi di Maganuco, ma ho sempre dimenticato di porgli una semplice domanda alla quale sarebbe opportuno rispondesse. Mi risulta che alcuni giovani di Terranova di Sicilia si siano arruolati nell’Esercito meridionale per combattere contro le truppe borboniche: Vincenzo Tignino, Gaetano Antinori, Vincenzo Martinez, Giovanni Musumeci, Carmelo Romano, Felice Paino. Bene, per Maganuco si trattava di affiliati alla massoneria? Di invasori della Sicilia? Di avventurieri ? O di giovani siciliani intenzionati a combattere contro un governo ritenuto oppressivo e pericoloso? Attendo una risposta.

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