La mafia nei cantieri, fissato l’appello dopo la condanna di Missuto: per la difesa era vittima

 
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Gela. Si difenderà davanti ai giudici d’appello dopo la condanna a nove anni e sei mesi di reclusione pronunciata dal collegio penale del tribunale. La condanna di primo grado. E’ stato fissato per marzo il processo di secondo grado nei confronti dell’imprenditore edile Sandro Missuto. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta lo ritengono vicino al clan Emmanuello che gli avrebbe assicurato la possibilità di ottenere importanti subappalti anche in cantieri pubblici. Il verdetto di condanna in primo grado arrivò a conclusione di una lunga istruttoria durante la quale i suoi legali di fiducia, gli avvocati Boris Pastorello e Walter Rapisarda, hanno contestato l’intera ricostruzione fornita dagli investigatori.

Per la difesa era vittima della mafia. L’imprenditore, infatti, sarebbe stato una semplice vittima delle richieste estorsive arrivate sia dalle famiglie di cosa nostra sia da quelle della stidda. Avrebbe pagato solo per evitare ritorsioni e per portare avanti le aziende di famiglia, la Icam e la Igm. I magistrati della Dda di Caltanissetta, però, hanno sempre escluso che l’imprenditore sia stato una vittima dei clan. Per il pm Onelio Dodero che chiese la condanna in primo grado, “Missuto era amico dei mafiosi e non certo vittima”. I legali di difesa, invece, hanno ribadito che la presenza dei clan in cantieri milionari come quelli della diga Disueri era ben conosciuta anche dai manager d’aziende blasonate come la romana Safab, nonostante ciò pronti a chiedere il risarcimento dei presunti danni subiti.Parti civili si costituirono diversi imprenditori che sarebbero stati vittime del presunto sistema economico-mafioso. Sono stati rappresentati in giudizio dai legali Nicoletta Cauchi e Fabio Fargetta.

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