La morte di un ex operaio dell’indotto Eni, l’assoluzione di manager e tecnici è stata annullata: ci sono le motivazioni

 
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Gela. La sentenza di non luogo a procedere, già negli scorsi mesi, era stata annullata dai giudici della Corte di Cassazione dopo il ricorso presentato dai pm della procura.


La morte dell’operaio. Gli atti, così, sono stati nuovamente trasmessi al tribunale locale. Sono pubbliche le motivazioni che hanno indotto i giudici romani a bocciare l’assoluzione decisa nei confronti di tredici imputati che, lo scorso anno, ottennero un verdetto di non luogo a procedere emesso dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale. Per la morte di un ex operaio dell’indotto della raffineria di contrada Piana del Signore, vennero rinviati a giudizio soltanto in quattro, ovvero gli allora responsabili delle cooperative dell’indotto per le quali lavorò. Ex manager e tecnici Eni, invece, vennero assolti. Per il gup, non ci sarebbero stati elementi certi per collegare la loro condotta, o le presunte omissioni sulle misure di sicurezza e prevenzione, alla morte dell’operaio, stroncato nel giugno di tre anni fa. In base alle accuse mosse dai pm, avrebbe contratto patologie generate dall’esposizione a sostanze pericolose. Dopo l’assoluzione, i pm della procura hanno impugnato il verdetto chiedendone l’annullamento proprio in Cassazione. Richiesta accolta e, adesso, il caso si riapre. Un anno fa, davanti al gup finirono Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Salvatore Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Renato Monelli, Marco Saetti, Giuseppe Farina, Salvatore Vitale, Luciano Di Buò, Salvatore Maranci e Vito Milano. Le loro posizioni, quindi, dovranno essere riviste dal gup, nonostante, anche in Cassazione, i loro legali di difesa si siano opposti all’annullamento del verdetto favorevole. Nel procedimento penale, parti civili sono i familiari dell’operaio morto, costituiti con gli avvocati Adriano Falsone e Giuseppe Licata.

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