La morte di un ex operaio dell’indotto, i colleghi: “Non sapevamo cosa fosse l’amianto”

 
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L'area della raffineria Eni di contrada Piana del Signore

Gela. “Non sapevamo cosa fosse l’amianto, l’abbiamo scoperto solo dopo il 1990”. E’ stata praticamente unanime la versione resa da alcuni ex operai dell’indotto Eni, sentiti in aula nel corso del dibattimento che si sta celebrando contro manager e tecnici della multinazionale. Tra le accuse c’è quella di omicidio colposo, dopo la morte dell’operaio Domenico Biondo. I lavoratori chiamati a testimoniare in aula, davanti al giudice Miriam D’Amore, hanno risposto alle domande del pm Eugenia Belmonte e a quelle dei difensori degli imputati. Le accuse vengono mosse contro Giovanni Catalano, Salvatore Ruvio, Salvatore Ferlenda, Antonio Catanzariti, Pasqualino Grandizio, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Renato Morelli, Mario Saetti, Arturo Borntraeger, Giorgio Daumiller, Giovanni Caltabiano, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Luciano Di Buò, Salvatore Marangi, Antonio Fazio, Umberto Vanini, Giuseppe Di Stefano e Giuseppe Lisciandra. Dagli anni settanta e fino ai primi anni novanta, stando a quanto raccontato dai lavoratori, il contatto con l’amianto sarebbe stato costante, senza particolari misure di precauzione.

“Ci davano mascherine e guanti normali – ha detto un testimone – ma non sapevamo cosa fosse l’amianto”. Gli interventi sul fronte della sicurezza sarebbero diventati più rigidi solo dopo l’approvazione di normative in materia. Così, sarebbe iniziata la fornitura di maschere specifiche contro il rischio amianto e di altri presidi. “Ci venivano consegnati dai caposquadra – ha continuato un altro lavoratore – normalmente, i corsi sulla sicurezza erano interni. Li facevamo da soli in base al tipo di impianto nel quale dovevamo intervenire”. Parti civili in dibattimento sono proprio lavoratori, aderenti alla sezione locale dell’Osservatorio nazionale amianto, rappresentati dagli avvocati Davide Ancona e Lucio Greco. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Giovanna Cassarà, Angelo Urrico, Gualtiero Cataldo, Alessandra Geraci, Carlo Autru Ryolo, Pietro Granata, Attilio Floresta e Piero Ciarcià.

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