La morte sul lavoro di Vizzini, sotto esame la chiamata in giudizio della compagnia assicurativa

 
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L'operaio Antonio Vizzini

Gela. Bisognerà nuovamente valutare l’aspetto legato alla citazione in giudizio della compagnia assicurativa Generali. Non è ancora stato aperto il dibattimento scaturito dall’inchiesta, partita dopo il decesso dell’operaio Antonio Vizzini. Il cinquantaduenne morì cinque anni fa a causa delle gravi ferite riportate dopo un incidente sul lavoro, all’interno dello stabilimento Eni di contrada Piana del Signore. A processo, non ci sono manager della multinazionale, ritenuti estranei ai fatti, ma i responsabili dell’azienda per la quale lavorava l’operaio, quelli della società incaricata di garantire le procedure di sicurezza e un collega. Le accuse dei pm della procura vengono mosse contro Domenico Lorefice, Angelo Vergati, Giuseppe Antonuccio, Giovanni Nunnari, Antonio Bennici e Stefano Lo Coco (difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Katia Lo Coco e Enrico Valentini). Per un altro dei coinvolti, Leandro Lorefice, gli atti sono stati ritrasmessi ai pm, a seguito di alcuni vizi di notifica.

Per ora, il giudice Miriam D’Amore non ha autorizzato la chiamata come responsabile civile del gruppo assicurativo. Un punto che probabilmente verrà ancora verificato alla prossima udienza, anche se c’è l’esigenza di procedere all’apertura dell’istruttoria dibattimentale. Vizzini era dipendente dell’azienda Lorefice&Ponzio. Venne colpito durante alcune manovre in uno dei cantieri avviati in fabbrica. Cessò di vivere appena arrivato all’ospedale Vittorio Emanuele. Per lui non ci fu nulla da fare. I pm della procura ipotizzano anche possibili violazioni della normativa in materia di sicurezza. I familiari dell’operaio sono invece parti civili con i legali Dionisio Nastasi, Riccardo Lana, Dalila Di Dio e Giuseppe Ferrara. L’accusa è sostenuta in aula dal pm Ubaldo Leo.

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