“E’ la nostra famiglia, vogliono escludere un’azienda sana”: protesta degli operai Amarù

 
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Gli operai della Amarù attendono di conoscere il loro prossimo futuro

Gela. “Vogliono mettere in ginocchio un’azienda sana e almeno duecentotrenta lavoratori. La Amarù è una delle poche società che fa innovazione in questo territorio e rispetta i diritti dei lavoratori. Noi non lo accettiamo”. Gli operai della Amarù, questa mattina, si sono fermati per un’ora, presidiando simbolicamente l’ingresso principale della raffineria Eni di contrada Piana del Signore. Raffineria ha deciso di sospendere i contratti elettrostrumentali del gruppo, probabilmente a seguito del coinvogimento dell’imprenditore Rosario Amarù nell’inchiesta “Double face”. L’ex vertice di Confindustria siciliana, però, ha già da qualche mese lasciato la guida dell’azienda di famiglia e dell’associazione degli imprenditori. “Per noi, questa società è una seconda famiglia – spiegano i lavoratori davanti ai tornelli – non ci hanno mai fatto mancare nulla e le retribuzioni, addirittura, arrivano in anticipo. Siamo costantmente formati sulla normativa in materia di sicurezza e abbiamo i migliori giovani ingegneri. Questa è un’azienda all’avanguardia. La decisione di Eni è incomprensibile, soprattutto considerando altri casi dello stesso tipo che si sono verificati in passato con altri gruppi, che però hanno continuato a lavorare. A chi diamo fastidio? Chi ha deciso che la società Amarù deve essere messa da parte?”.

I dipendenti hanno solidarizzato a Sannazzaro e in altri siti

C’è rabbia e molta deusione tra i lavoratori, che non si sarebbero mai aspettati un “verdetto” di questo tipo. L’indagine “Double face” è ancora in corso e da tempo l’imprenditore Rosario Amarù ha chiesto di essere sentito dagli investigatori, con l’obiettivo di chiarire la propria posizione. Alle dipendenze del gruppo, attivo in tutta Italia e all’estero, ci sono anche diversi operai che arrivano da società dell’indotto fallite, che hanno trovato collocazione in Amarù. Sono pronti a una lunga mobilitazione pur di evitare che l’azienda venga cancellata dall’indotto di raffineria e dagli altri siti della multinazionale in Italia. Alla protesta si sono aggregati, già questa mattina, lavoratori dell’azienda dislocati in altri siti italiani, a cominciare da quello di Sannazzaro dé Burgondi per finire a Livorno e Ferrara. “Vogliamo ricordare a tutti – concludono gli operai – che l’ingegnere Rosario Amarù non è più alla guida della società, adesso gestita dai figli Giovanni e Virna, a loro volta ingegneri, che stanno potando avanti la nostra azienda. “Non vogliamo un posto di lavoro, ma difendiamo il nostro posto di lavoro”, dicono all’unisono i dipendenti. I sindacati dei metalmeccanici, a breve, potrebbero chiedere l’intervento della prefettura di Caltanissetta.

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