La “pietra calendario” convince gli studiosi per i suoi intagli, scoperti monoliti e una necropoli

 
0

Gela. Attualmente è un effetto di luce bellissimo che produce nel solstizio d’inverno una visione magica, spettacolare. Per gli studiosi di tutta la nazione, quella roccia con un foro al centro da un metro e venti per ottanta centimetri, rinvenuta in contrada Cozzo Olivo, potrebbe essere una “pietra calendario” risalente al 6000 Avanti Cristo.

Se preferite, una Stonehenge “made in Gela” come ipotizzato da Giuseppe La Spina, l’archeologo che l’ha individuata a circa 10 chilometri dal centro abitato a poca distanza dalle necropoli preistoriche di “Grotticelle”, “Ponte Olivo” e “Dessueri” durante un archeotrekking alla ricerca di bunker della seconda guerra mondiale. Si trovava in compagnia di Michele Curto, Mario Bracciaventi e Vincenzo Madonia quando si sono accorti della roccia caratterizzata da un foro al centro, un’inclinazione particolare e tagli orizzontali alla base. Una seconda perlustrazione ha permesso, immediatamente, di rinvenire una necropoli e reperti riconducibili all’età del bronzo antico, a cavallo tra il terzo e il secondo secolo Avanti Cristo.

Ci sono gli estremi per un approfondimento attento – assicura Ferdinando Maurici, direttore del museo di Terrasini – Potranno essere di natura archeologica, geologica, geomorfologica e antropologica per poter dire con maggiore precisione di cosa si tratta. Il dato certo è che c’è un affioramento roccioso friabile e modellabile dall’azione del vento. Colgo un foro che non possiamo definire ne naturale ne artificiale. Potrebbe essere entrambe le cose. Il foro ha un sicuro orientamento che corrisponde alla levata del sole dietro la fila di colline di Gela. Questo è un dato certo che impone l’avvio di una ricerca approfondita”.

La ricerca è solo l’inizio di uno studio multidisciplinare, spiegano gli studiosi che hanno già coinvolto l’istituto di Archeo astronomia siciliana, la soprintendenza di Caltanissetta e il locale polo museale diretto da Ennio Turco.

Indica l’alba del solstizio d’inferno – spiega Andrea Orlando, astrofisico direttore Archeo-astronomia Sicilia – Per osservare il fenomeno bisogna porsi nella collinetta che si trova di fronte alla roccia. Durante il solstizio si potrà vedere una palla di luce. Possiamo datare la necropoli che si trova in prossimità della pietra forata – aggiounge – in età del bronzo antico. In futuro probabilmente riusciremo a fornire qualche indicazione in più anche sulla datazione del roccioso individuato”.

Le informazioni raccolte sono in continua evoluzione e pongono diversi interrogativi. “Abbiamo trovato un sito archeologico interessante dove sono presenti una serie di tombe e questa pietra forata davvero interessante sotto il profilo dell’archeo-archeologia – incalza La Spina – Spero possa portare alla conferma della pietra calendario”.

“La cosa certa è che il sito è antropizzato – sostiene Alberto Scuderi, vice direttore nazionale Gruppi Archeologici d’Italia – Quindi l’uomo c’è stato. Abbiamo trovato manufatti e diverse tombe risalenti al terzo e secondo millennio. L’unica cosa che manca all’appello è la certezza della mano dell’uomo all’interno del foro. Se riusciamo a confermarlo la conferma del calendario astronomico è certa. Uno dei sospetti sono i tagli orizzontali alla base. Questo è l’unico elemento che ci fa presupporre all’azione dell’uomo. Bisogna andare avanti perché si è iniziato uno studio a livello siciliano. Quello trovato a Palermo non è più un unicum. L’ottimismo è grande anche per il rinvenimento a Gela di monoliti”.

Il direttore del polo museale, Ennio Turco, assicura “il proprio coinvolgimento – conclude – E’ un tassello fondamentale per la storia di Gela che, se confermato, verrebbe collocata tra le prima civiltà dell’uomo”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here