La strage della sala da barba, Sultano va riconosciuto vittima di mafia: chiesto l’esame di un ex affiliato

 
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Gela. Per i familiari e per il legale che li assiste, il ventitreenne Salvatore Sultano, ucciso all’interno di una sala da barba del quartiere San Giacomo, è vittima di mafia.

La strage di diciassette anni fa. Per questa ragione, anche davanti al giudice civile del tribunale, è stato chiesto l’esame del collaboratore di giustizia Giuseppe Scicolone, già affiliato ai clan locali. L’azione civile è stata avviata proprio per ottenere il riconoscimento dello status di vittima di mafia del giovane trucidato nel luglio di diciassette anni fa. A livello penale, l’intera vicenda processuale è già stata definita, con le relative condanne imposte agli esecutori. Emerse che l’obiettivo dell’agguato era il ventinovenne Emanuele Trubia, a sua volta freddato dai killer all’interno dell’attività commerciale diventata scenario della strage. Dopo il rigetto della richiesta presentata sui tavoli dei funzionari ministeriali, per il tramite della prefettura, i familiari si sono rivolti proprio ai giudici del tribunale civile. E’ stato l’avvocato Giuseppe Cascino, che ha seguito l’iter dei procedimenti penali, ad agire e a formulare le richieste istruttorie. Tra queste, c’è appunto quella di sentire il collaboratore Giuseppe Scicolone che, stando al legale, sarebbe in grado di ricostruire l’intero contesto criminale alla base dell’azione di fuoco, mettendo in luce l’estraneità ai clan del ventitreenne Sultano. Il giudice, così, sta valutando l’opportunità di ascoltare l’ex affiliato. Deciderà entro le prossime settimane. Stando ai giudici della Corte di Cassazione, che hanno valutato il procedimento penale, Salvatore Sultano si sarebbe trovato solo casualmente in quell’esercizio commerciale e in compagnia del vero obiettivo dei sicari.  

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