L’avvocato dei boss, “difendi anche Emmanuello”: pm, “erano al 41 bis ma comunicavano”

 
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I colloqui in carcere ripresi e intercettati

Palermo. L’indagine “Xydi”, coordinata dai pm dell’antimafia di Palermo, ad inizio settimana ha portato ad arresti eccellenti, in diverse province dell’isola. Secondo i pm e i carabinieri del Ros, boss agrigentini e trapanesi si sarebbero affidati ad un avvocato, ormai di fiducia, la cinquantenne Angela Porcello, che sarebbe diventata punto di contatto tra gli esponenti delle cosche in carcere e gli esponenti liberi. Sono migliaia le ore di intercettazioni, che hanno poi portato gli investigatori a far scattare gli arresti. Un provvedimento di custodia cautelare in carcere è stato emesso anche nei confronti del boss latitane Matteo Messina Denaro. Sarebbe stato il boss agrigentino Giuseppe Falsone a chiedere all’avvocato, compagna di un imprenditore ritenuto dagli inquirenti vicino ai clan, di assumere la difesa anche di Alessandro Emmanuello, ristretto al 41 bis e accusato non solo di essere stato a capo dell’omonima famiglia di Cosa nostra gelese ma anche di aver commesso omicidi, durante la guerra di mafia. “Le volevo chiedere una gentilezza, una cortesia – diceva Falsone intercettato all’avvocato – qua c’è un ragazzo, no? Un ragazzo che ha qualche anno in più di me, che è un paesano nostro diciamo, che è di Gela, che si chiama io lo chiamo ragazzo, perché è un ragazzo si chiama Alessandro Emmanuello, se lo scriva”. Secondo gli inquirenti, Porcello avrebbe poi assunto la difesa di Emmanuello, principalmente per consentire ai boss, reclusi a Novara, di comunicare tra loro e con l’esterno, nonostante le restrizioni del 41 bis. Lo stesso metodo sarebbe stato usato per il boss trapanese Pietro Virga.

Il legale, in base alle accuse, era diventata “una finestra a quello che succede per l’esterno”, come diceva Falsone riferendosi alla difesa per Emmanuello. Nello studio della professionista, si sarebbero tenuti veri e propri vertici di mafia, con esponenti agrigentini e trapanesi. Il gip ha confermato la detenzione in carcere per il legale, dopo l’interrogatorio di garanzia. La professionista ha spiegato di aver operato solo nel rispetto dei doveri della propria attività. Si sarebbe trattato, secondo la sua versione, di normali mandati difensivi, escludendo qualsiasi favoreggiamento ai boss. Gli investigatori, invece, sono certi che attraverso il legale, vertici di Cosa nostra, detenuti al 41 bis, riuscissero comunque a comunicare tra loro e con l’esterno.

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