Le armi degli Emmanuello, condanne per tre accusati: considerati vicini alla famiglia

 
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Gela. Il gruppo Emmanuello poteva contare sulle armi e su chi le avrebbe custodite. Un’indagine che ha portato a processo quattro imputati, tutti accusati di aver avuto a disposizione armi per conto della famiglia di mafia e di aver intimidito i titolari di un’azienda edile locale, anche attraverso un attentato incendiario. Sono state però nettamente ridimensionate le posizioni di Giovanni Avvento, Giacomo Cagnes, Orazio Meroni e Giuseppe Stimolo. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Silvia Passanisi e Marica Marino), ha assolto Avvento. Un anno e dieci mesi di reclusione, invece, sono stati imposti a Meroni e Cagnes e un anno a Stimolo. Sul verdetto finale ha gravato la prescrizione di alcuni capi di imputazione. Sono stati diversi gli episodi valutati dagli inquirenti. Nell’indagine è finito anche l’ex militare della marina Giacomo Cagnes, a sua volta accusato di aver custodito armi per conto del clan. Nel corso dell’inchiesta, si è fatta luce sui piani di morte che erano stati progettati per uccidere i fratelli Salvatore Burgio ed Emanuele Burgio, poco graditi al gruppo Emmanuello.

I difensori, gli avvocati Carmelo Tuccio, Flavio Sinatra, Mariella Giordano e Giuseppe Di Stefano, hanno però contestato la ricostruzione fornita dal pm della Dda di Caltanissetta Luigi Leghissa, che ha chiesto la condanna di tutti gli imputati. Hanno fatto leva pure sull’applicazione della prescrizione. Alla fine, il verdetto emesso è stato meno pesante rispetto alle richieste arrivate dai banchi della Dda nissena.

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