Le estorsioni degli stiddari, imprenditore: “Nicastro mi chiese i soldi per il latte della figlia”

 
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Gela. Le versioni che hanno reso in aula non sono state del tutto concordanti. Il titolare di un’azienda edile e uno dei responsabili hanno ammesso di aver ricevuto richieste di denaro dai fratelli Davide Nicastro e Simone Nicastro, per gli investigatori affiliati al gruppo della stidda. “Chiedevano lavoro – ha detto l’anziano imprenditore – Davide, ogni tanto, veniva e mi faceva richiesta di un prestito. A Simone, diedi cinquanta euro perché mi disse che doveva comprare il latte alla figlia e non aveva soldi. Me li chiese quasi piangendo. Poi, l’ho assunto”. L’azienda, in passato, operò negli appalti del complesso abitativo “Modernopoli”, nella zona di via Butera. Il pm della Dda di Caltanissetta Elena Caruso ha però richiamato il contenuto di alcuni verbali, resi dagli stessi testimoni, nei quali invece si faceva riferimento ad esplicite richieste di denaro. “Era Davide quello che insisteva di più – ha detto uno dei responsabili sentito davanti al collegio penale del tribunale – io gli dicevo che non avevo bisogno della messa a posto e che in caso di danneggiamenti nei cantieri mi sarei rivolto alle forze dell’ordine. Una volta, disse che quelli come me li legavano ad una sedia con la corda. Simone venne assunto, ma dopo pochi mesi si mise in malattia e non lo vidi più”. A giudizio, ci sono presunti esponenti del gruppo stiddaro. Le accuse della Dda nissena vengono mosse contro Francesco Carfì, Carmelo Di Dio, Vincenzo Di Giacomo, Emanuele Emmanuello, Gioacchino Lignano, Alessandro Scudera e Simone Nicastro. Davide Nicastro è già stato giudicato per questi fatti.

Gli investigatori hanno ricostruito una serie di presunti episodi estorsivi, ai danni di imprenditori ed esercenti locali. I testimoni, inoltre, hanno risposto alle domande delle difese, sostenute dai legali Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Giovanni Cannizzaro, Filippo Spina, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri e Alberto Fiore.

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