Le minacce all’imprenditore Romano, investigatori in aula: nuova inchiesta sui Trigila

 
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Siracusa. Davanti ai giudici del collegio penale del tribunale di Siracusa continuano a susseguirsi gli investigatori che hanno condotto l’inchiesta scattata dopo la denuncia dell’imprenditore gelese Giuseppe Romano, titolare della Roma Costruzioni. Ha segnalato le richieste estorsive che gli sarebbero giunte da presunti esponenti del clan Trigila, attivo a Noto dove l’azienda gelese gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Sarebbero state imposte assunzioni di favore, sempre respinte dall’imprenditore che subì l’incendio di un autocompattatore. Dopo la condanna a due anni di reclusione ciascuno imposta a Pietro Crescimone e Giuseppe Casto (che hanno scelto il giudizio abbreviato), a processo ci sono altri coinvolti nell’inchiesta “Piazza pulita”. Si tratta di Angelo Monaco, Antonino Rubino e Vincenzo Guglielmino. Per i magistrati della Dda di Catania, che hanno coordinato l’indagine, le presunte richieste estorsive sarebbero state avallate dal gruppo mafioso dei Trigila. Nel verdetto emesso nei confronti di Crescimone e Casto è però caduta l’accusa di tentata estorsione e l’aggravante di aver agito per favorire il clan. Angelo Monaco, tra gli imputati nel giudizio ordinario, è ritenuto uno dei riferimenti principali del gruppo mafioso attivo a Noto. L’imprenditore è parte civile insieme alla sua azienda, assistiti dagli avvocati Fabrizio Ferrara e Francesco Cagnes. Parti civili sono anche l’associazione antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai (con l’avvocato Giuseppe Panebianco), l’antiracket di Noto e l’associazione Codici.

La scorsa settimana una nuova inchiesta ha investito il clan Trigila, con ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse, tra gli altri, proprio nei confronti di Monaco, Crescimone e Rubino. Gli stessi che avrebbero minacciato Romano. Tra le nuove contestazioni, c’è quella di aver favorito il clan.

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