Le piazze di spaccio contese e un ventottenne morto, l’accusa di omicidio anche per Vincenzo Morso

 
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L'arresto del gelese Vincenzo Morso

Gela. Cambiano, e non poco, le carte in tavolo nel processo scaturito dalla morte del ventottenne Davide Di Maria, ucciso in un appartamento di Molassana, a Genova, nel settembre di due anni fa. I pm della procura ligure hanno portato a processo quattro imputati. Fino ad ora, l’accusa di omicidio veniva contestata solo al trentacinquenne Guido Morso. Ieri, nel corso dell’udienza in Corte d’assise, il pm Alberto Landolfi ha rideterminato l’accusa nei confronti del padre, il sessantunenne Vincenzo Morso, adesso considerato responsabile dell’omicidio, in concorso con il figlio Guido. Il gelese Vincenzo Morso, da anni ormai, è ritenuto uno dei referenti principali del gruppo di cosa nostra proprio a Genova. A giudizio, ci sono anche Cristian Beron e Marco N’Dyaie, vicini a Di Maria, accusati invece di rissa aggravata.

L’omicidio Di Maria. Lo scontro tra i Morso e il gruppo di Di Maria, N’Dyaie e Beron, almeno secondo gli inquirenti, sarebbe maturato per il controllo di alcune piazze di spaccio genovesi. Anche durante l’udienza di ieri, sono stati sentiti in aula due giovani pusher, prima attivi per conto dei Morso e, poi, minacciati dai rivali, che li costrinsero a passare dalla loro parte. Di Maria venne ucciso con una coltellata. La lama, però, non è mai stata ritrovata. Guido e Vincenzo Morso, anche in fase di indagine, hanno ribadito di essersi recati in quell’appartamento armati solo di pistole. Non avrebbero avuto coltelli. Un rimpallo di responsabilità tra tutti gli imputati che sta proseguendo in dibattimento. Ai quattro, inoltre, viene contestato anche lo spaccio di droga.

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