Le “rotte” dell’hashish ricostruite dagli investigatori, seguite le auto che arrivavano da Catania e Palermo: in aula uno dei carabinieri

 
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Immagini di repertorio

Gela. Appostamenti e intercettazioni ambientali, anche sulle automobili

utilizzate dai presunti pusher per i viaggi di rifornimento, sia a Palermo sia a Catania.

Le piazze di spaccio. I carabinieri del reparto territoriale e i magistrati della procura ricostruirono le rotte della droga che arrivava in città, anche attraverso l’indagine “Porsche”. A processo, ci sono Alessandro e Danilo Cassisi, Giuseppe Retucci, Benedetto Curvà, Giuseppe Grillo, Eleonora Schibuola, Andrea Scimè, Claudia Vacirca, Tommaso Santo, Angelo Verderame, Luigi Nicosia e Raissa Fraglica. Avrebbero avuto un ruolo, insieme ad altri presunti complici già giudicati, in un vasto giro di droga, soprattutto hashish, che dalle piazze di spaccio di Catania e Palermo arrivava fino a quelle locali.

“Ricordo che nel corso dell’indagine – ha detto uno dei carabinieri che coordinò le attività investigative – fermammo una delle automobili, di ritorno da Palermo. Erano stati acquistati circa due etti di hashish. Quando capirono che li avremmo fermati, uno dei giovani a bordo gettò l’hashish dal finestrino, nel tentativo di evitare che venisse sequestrato”. Il militare ha risposto alle domande del pm Pamela Cellura e a quelle dei difensori. Nel pool che assiste gli imputati, ci sono gli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello, Salvo Macrì, Ivan Bellanti, Lia Comandatore, Francesco Enia, Paola Carfì, Luigi Cinquerrui, Maria Elena Ventura e Mariella Giordano. Davanti al giudice Miriam D’Amore, sono state ricostruite alcune delle fasi principali dell’inchiesta che prese il nome dal logo ricavato su diversi panetti d’hashish, che era appunto quello della celebre casa automobilistica.

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