“Leonessa”, Cassazione conferma le condanne in uno dei filoni processuali

 
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Gela. I giudici della Corte di Cassazione non hanno accolto i ricorsi presentati dai legali degli imputati coinvolti in uno dei filoni processuali scaturito dalla vasta indagine “Leonessa”. La contestazione mafiosa era già stata esclusa nei precedenti gradi di giudizio. Permanevano però capi di imputazione legati alle truffe sulle compensazioni fiscali, che per gli inquirenti avrebbero consentito di generare profitti ingenti. Questa mattina, davanti ai magistrati romani di Cassazione, hanno discusso, presenti in udienza, i legali di Roberto Raniolo (avvocato Stefano Tegon), Giuseppe Tallarita (il legale Rocco Guarnaccia) e di Salvatore Sambito (avvocato Gioacchino Lo Destro). La procura generale, in gran parte, ha concluso chiedendo la conferma di quanto già deciso dalla Corte d’appello di Brescia ma aprendo all’accoglimento di alcuni motivi dei ricorsi, compreso quello sull’assenza di consapevolezza circa l’irregolarità dei crediti da compensare. I magistrati romani non hanno dato seguito, confermando le decisioni di secondo grado. In appello, condanne erano state ribadite anche per Francesco Scopece, Luca Verza e Giuseppe Nastasi.

Con la pronuncia della Corte di Cassazione si chiude la prima costola processuale scaturita dalla vasta indagine “Leonessa”, condotta dall’antimafia bresciana. Per gli investigatori, il sistema delle indebite compensazioni avrebbe alimentato gli affari di esponenti vicini alla stidda. La contestazione mafiosa però non ha retto già al momento dei precedenti pronunciamenti. Le condanne d’appello andavano fino ai cinque anni e otto mesi di detenzione disposti per Raniolo (era stato escluso il ruolo di capo e già in primo grado ci fu l’assoluzione da due imputazioni di estorsione). Gli imputati avevano optato per il rito abbreviato.

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