L’impianto clorosoda e la morte di Salvatore Mili, un nuovo giudizio: dal gup caddero le accuse

 
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Gela. Un anno fa, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale dispose il non luogo a procedere nei confronti di tredici imputati, escludendo un collegamento tra il loro ruolo all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore e la morte dell’ex operaio Salvatore Mili, per anni impegnato in raffineria, soprattutto all’impianto clorosoda. A settembre, però, si terrà un nuovo giudizio, questa volta davanti ai magistrati della Corte d’appello di Caltanissetta. E’ stato fissato il procedimento, previsto dopo l’impugnazione del verdetto del gup, decisa dai pm della procura. Per i magistrati, infatti, sarebbero stati provati tutti gli elementi d’accusa nei confronti di ex manager e tecnici della multinazionale, che sono finiti nell’indagine, anche per rispondere di omicidio colposo. Non c’è ancora l’ufficialità della data di svolgimento del nuovo giudizio. Le accuse dei pm sono state mosse contro Antonio Catanzariti, Giovanni La Ferla, Pasqualino Granozio, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Arturo Borntraeger, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Farina e Salvatore Vitale. In udienza preliminare, proprio i magistrati della procura ribadirono la richiesta di rinvio a giudizio di tutti gli imputati, che però non è stata accolta dal gup.

Le sostanze lavorate al clorosoda. Il verdetto del giudice dell’udienza preliminare avrebbe avuto come punto di riferimento la relazione stilata da un pool di tre periti, sentiti nel corso di un lungo incidente probatorio. Misero in dubbio il collegamento tra le sostanze presenti durante i processi produttivi nell’impianto clorosoda e le patologie riscontrate su Mili e su altri ex lavoratori, diversi dei quali deceduti. Per anni, la famiglia dell’operaio ha portato avanti un’intensa azione, anche mediatica, nel tentativo di avere risposte su quanto accaduto. In udienza preliminare, la moglie, i figli e i nipoti si sono costituti parti civili (rappresentati dagli avvocati Joseph Donegani, Emanuele Manganuco e Dionisio Nastasi). Hanno chiesto un risarcimento da due milioni di euro, ma soprattutto la possibilità che la vicenda arrivasse a processo. Il non luogo a procedere, almeno per ora, ha chiuso le porte ad un eventuale dibattimento. I familiari, a cominciare da Orazio Mili, figlio di Salvatore, seguiranno il giudizio di impugnazione, nel tentativo di ottenere un verdetto favorevole, che possa riaprire il procedimento. Nel corso di lunghe verifiche, condotte dai legali e dagli stessi familiari, che hanno costituito un comitato, è stato ribadito il collegamento tra le patologie che hanno portato alla morte di tanti operai dell’impianto clorosoda e le pericolose sostanze presenti nel ciclo di produzione. Mercurio, acido solforico, cloro e benzene sono solo alcune di quelle accertate. Gli operai, quasi giornalmente, ne venivano a contatto. Mili fu stroncato da gravissime patologie, a cominciare da un mieloma multiplo. Da quando gli venne diagnosticato il terribile male, lui e i familiari iniziarono una lunghissima battaglia per avere la verità.

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