L’inchiesta “Fenice”, le condanne ridotte a Barberi, Musto e Rizzo: nuovo ricorso in Cassazione

 
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Gela. Lo scorso luglio, dopo un primo annullamento deciso dai giudici della Corte di Cassazione, è stata rivista al ribasso l’entità delle condanne imposte al gelese Alessandro Barberi e ai niscemesi Alberto Musto e Fabrizio Rizzo. La decisione della Corte d’appello di Caltanissetta però è stata nuovamente impugnata dalle difese. Il giudizio ritornerà per la seconda volta in Corte di Cassazione. Anche in questo caso, viene contestata un’errata determinazione delle pene. Verdetto che è già stato impugnato dalle difese di Musto e Rizzo. I tre furono coinvolti nell’inchiesta antimafia “Fenice”, ritenuti i nuovi vertici del gruppo di cosa nostra che si stava riorganizzando sull’asse Gela-Niscemi (imponendo estorsioni). Nell’appello bis definito a luglio, sono state escluse le aggravanti invece riconosciute negli altri gradi di giudizio. E’ caduta quella prevista dal comma 6 dell’articolo 416 bis ed inoltre per i giudici Alberto Musto non è da ritenere “promotore” del patto mafioso.

La condanna di Barberi è stata ridotta a quattordici anni di reclusione, in continuazione con un altro verdetto (nei precedenti gradi di giudizio era stato condannato a sedici anni di reclusione), quella di Rizzo a sei anni e otto mesi (gli erano stati imposti otto anni) e quella di Musto a sette anni e cinque mesi (dieci anni e un mese era il verdetto di partenza). Sono state accolte in gran parte le richieste formulate dalle difese, rappresentate dagli avvocati Flavio Sinatra, Francesco Spataro e Antonio Impellizzeri. La vicenda però torna in Cassazione, in attesa di un altro pronunciamento.

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