L’inchiesta sulle presunte frodi al fisco, Marchese lascia il carcere: disposti i domiciliari

 
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Marchese è respinto l'accusa di far parte della stidda

Gela. E’ ritenuto l’ideatore di un sistema su vasta scala, che sarebbe stato finalizzato all’ottenimento di compensazioni fiscali non dovute. Il professionista trentatreenne Rosario Marchese lascia il carcere. Il giudice delle indagini preliminari, su richiesta del difensore (l’avvocato Ivan Bellanti), gli ha concesso i domiciliari. I pm della procura e i finanzieri hanno ricostruito una presunta rete, fatta soprattutto da professionisti, imprenditori e faccendieri, incentrata su quelle che vengono ritenute vere e proprie frodi al fisco. Marchese sarebbe entrato in contatto, anche attraverso suoi referenti, con decine di imprenditori in difficoltà, che avrebbero poi avuto la possibilità di compensare i debiti contratti con il fisco attraverso investimenti fittizi in aree della penisola economicamente svantaggiate. Per i servizi assicurati, Marchese e i suoi presunti complici avrebbero ottenuto lauti compensi. Il trentatreenne, negli ultimi anni, ha spostato il bacino d’affari nel Nord Italia e anche in questo caso gli investigatori ritengono che abbia approfittato di quanto incassato attraverso le compensazioni non dovute.

Di recente, ha anche subito un maxi provvedimento di sequestro. Gli inquirenti lo ritengono vicino al gruppo dei Rinzivillo. Dopo il riesame, i domiciliari erano già stati concessi a Giuseppe Nastasi, Rosario Barragato e Salvatore Sambito (sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Ivan Bellanti e Calogero Meli). Obbligo di firma, invece, ad un altro degli arrestati, Gianfranco Casassa (difeso dagli avvocati Ivan Bellanti e Fausto Pelizzari).

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