Lo stop di tutte le attività di Eni in città, dopo il no del giudice c’è il reclamo

 
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L'ex discarica industriale Cipolla mai bonificata

Gela. A dicembre, il giudice civile del tribunale Virgilio Dante Bernardi ha respinto per intero il ricorso straordinario presentato dai legali di quasi quattrocento cittadini, che chiedevano di bloccare il ciclo produttivo di Eni in città, autorizzando da subito l’avvio delle procedure di bonifica. Davanti al rigetto, gli avvocati Luigi Fontanella, Laura Vassallo e Giuseppe Fontanella hanno deciso di presentare reclamo e la vicenda verrà nuovamente valutata dai giudici del tribunale. La prima udienza è fissata per marzo e tra le parti citate c’è anche il Comune, che ha già rinnovato l’incarico all’avvocato Mario Cosenza, lo stesso legale designato per seguire il procedimento conclusosi con il rigetto del ricorso. Con l’ordinanza pubblicata a fine dicembre, il giudice Bernardi ha rigettato tutte le domande avanzate dai legali dei cittadini. In base al ricorso respinto, incentrato su una precedente maxi perizia, sarebbe certa la connessione tra presenza industriale e danni alla salute, dalle malformazioni alle gravissime patologie, accertate con tassi percentuali spesso superiori alla media nazionale. Il magistrato, però, ha condannato sia i cittadini ricorrenti sia il Comune a pagare le spese del giudizio sostenute dalle società del cane a sei zampe. Un verdetto che non ha convinto i legali, tanto da spingerli al reclamo, con richiesta di intervento della procura.

Il reclamo contro l’ordinanza. L’ente comunale, già chiamato in giudizio nel procedimento scattato con il ricorso straordinario, chiedeva l’accoglimento di tutte le domande, oltre all’obbligo di Eni di finanziare un fondo economico da ottanta milioni di euro, ritenuto necessario a garantire un sostegno in favore delle famiglie degli operai che, con lo stop degli impianti, si fossero trovati fuori dal ciclo produttivo. “E’ però risultato nel corso dell’istruttoria, dall’audizione degli informatori, nonché dalla documentazione, invero ingente e non sempre realmente pertinente, prodotta agli atti del giudizio – ha disposto il giudice nell’ordinanza adesso contestata – che il diritto soggettivo alla salute dei ricorrenti non è seriamente messo a repentaglio dalle attività attualmente svolgentisi entro l’area del cosiddetto Petrolchimico, ridottesi, come è emerso in istruttoria, a quelle riferibili agli impianti Tas, Taf, biologico organico e industriale oltre a quella meramente estrattiva”. Una vicenda che, però, non è ancora chiusa.

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