Margaret Thatcher: “La società non esiste”. È la mondializzazione della politica?

 
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Margaret Thatcher

Gela. “La società non esiste”. Frase brutale resa meno dolorosa dall’annuncio di un mondo libero dalla povertà grazie al libero scambio e alla deregolamentazione finanziaria. 

Estensione del modello produttivista a tutto il pianeta, accrescendo e accelerando sino all’insostenibile la pressione sulle risorse.

La contemporaneità dei processi di squilibrio dal settore finanziario, al settore ambientale, al settore agricolo; è forse il segno del raggiunto limite di un sistema che ha imposto la logica economica della redditività a breve all’insieme della società, e che ha sottomesso l’insieme degli ambiti della vita sociale alla logica economica? È possibile superare ogni limite attraverso la tecnologia?

A questo punto è necessario disfarsi della rappresentazione liberale dell’idea del limite vissuto come freno alla libertà. Anche se è necessario ammettere che non vi è freno maggiore alla libertà del dominio del pensiero unico che non consente alternativa ideologico-teorica né sul terreno sociale né sul terreno politico.

Sul piano economico si rischia di impedire ogni idea di futuro condannando la politica a gestire il presente, riproducendo la logica economica del Just in time.

È, quindi, una crisi di un modello di società che ha fatto dell’organizzazione economica basata sulla logica del profitto e della redditività immediata, l’essenza della società.
L’accumulazione di ricchezza e l’accumulazione del potere interagiscono rispondendo a pressioni sociali che nel contempo esse contribuiscono a formare. In cima a questa interpretazione teorica si trovano le istituzioni che evolvono sotto gli effetti di un legame circolare tra domanda politica, mediazione pubblica e dinamiche economiche che esse strutturano.
È nel contesto difficile della mediazione-regolazione che si invoca la presenza di uno strumento che dovrebbe salvare la società. Uno strumento efficace che senza denegare il principio della razionalità riconduce i processi decisori entro il perimetro della loro governabilità: la governance.
Coordinare obiettivi e visioni ideologiche non è facile e ancora una volta viene richiamato il principio della governance. Appunto, un’invocazione più che un’agenda programmatica di obiettivi e di scelte, dovendo coordinare il terreno economico, sociale e politico.
Scenario impervio in un mondo globalizzato nella quale operano istituzioni di uomini in continua lotta per il potere.

Autore:
Alessandro Morselli, docente di economia internazionale e globalizzazione dei mercati, Università di Roma Unitelma Sapienza.

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