Maxi inchiesta “Leonessa”, in appello condanne da confermare ma esclusa contestazione mafiosa

 
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Brescia. Le condanne imposte in primo grado agli imputati coinvolti nella vasta inchiesta “Leonessa” sono da confermare praticamente in blocco, salvo alcune pene riviste. Così ha concluso questa mattina la procura generale davanti ai giudici della Corte d’appello di Brescia. Di fatto, non c’è più un riferimento alla contestazione mafiosa, che invece la Dda lombarda ha sempre sostenuto, anche in primo grado, rispetto ad un presunto connubio tra gli interessi stiddari e il giro milionario di compensazioni fiscali illecite. Diciassette anni e tre mesi di reclusione sono stati chiesti per il consulente Rosario Marchese, attualmente detenuto e indicato come la vera mente del sistema delle indebite compensazioni. In primo grado era stato condannato a sedici anni e un mese di reclusione. Sette anni e tre mesi di detenzione è la conclusione alla quale è giunta la procura generale per Alessandro Scilio, che il collegio bresciano aveva condannato a due anni di detenzione. Quattro anni e due mesi per l’ennese Giovanni Interlicchia. Quattro anni e tre mesi a Simone Di Simone. Sei anni per il professionista Corrado Savoia. Otto anni e due mesi a Gianfranco Casassa, in continuazione con precedenti verdetti. Per Enrico Zumbo viene indicato il riconoscimento dei doppi benefici di legge e in primo grado era stato condannato a due anni di detenzione. Doppi benefici di legge indicati anche per Carmelo Giannone, rappresentato dall’avvocato Maurizio Scicolone, che in aula ha esposto le ragioni del ricorso escludendo che l’imputato abbia mai fatto parte di un gruppo attivo nelle truffe all’erario attraverso le compensazioni. Gli unici rapporti che ebbe con Marchese, secondo il legale, furono dovuti a vincoli familiari. Giannone, in primo grado, era stato condannato ad un anno e otto mesi di detenzione. Conferme sono state inoltre chieste per Giuseppe Arabia, in primo grado quattro anni di reclusione (ma la procura generale ha concluso per la revoca delle sospensioni condizionali rispetto a precedenti condanne), Angelo Fiorisi (in primo grado sette anni e otto mesi) e Antonella Balocco (il collegio di Brescia dispose sette anni e quattro mesi).

Assoluzioni giunsero in primo grado per Salvatore Antonuccio e Giuseppe Cammalleri (difesi dall’avvocato Giovanna Zappulla), Matteo Collura (rappresentato dall’avvocato Angelo Cafà), per l’avvocato Roberto Golda Perini (assistito dal legale Stefano Bazzani) e per Danilo Cassisi (rappresentato dall’avvocato Giacomo Ventura). Tra i difensori degli imputati in appello ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Maria Valeria Feraco, Desolina Farris, Gianluca Marta, Oliviero Mazza, Deborah Abate Zaro, Vito Felici, Sinuhe Curcuraci, Mauro Sgotto, Domenico Peila, Maurizio Basile e Roberta Castorina. In aula, per le conclusioni dei legali si tornerà a luglio. La decisione dei giudici bresciani è prevista per settembre.

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