Meridionali fucilati e dimenticati da assassini divenuti gli eroi dell’unità d’Italia

 
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Gela. Dopo avere invaso il Regno delle due Sicilie, i piemontesi cominciarono le operazioni di pulizia nei confronti dei briganti e oppositori del pacifico regno dei Savoia per la sottomissione del popolo duo Siciliano. Un anno dopo l’invasione, il 24 settembre 1861, ancora a Pontelandolfo, furono arrestati e processati 40 reazionari che vennero tranquillamente condannati  dal tribunale militare di guerra e i primi sei vennero fucilati: Donato Luciano, Gregorio Perugino, Saverio Barbieri, Domenico Guerrieri (detto manga), Nicola Sforza, Domenico Fusco. Il 18 ottobre a Casalduni e Campolattaro furono arrestati altri trentasette reazionari e il 18 ottobre 6 vennero fucilati ossia: Gennaro Di Michele, Angelo Franciosa, Nicola Mangioli di Campolattaro e Sigmondo Cifaldi, Angelo Cifaldi e Simona Naldone di Casalduni. Il generale Cialdini, ancora non soddisfatto, pluridecorato di guerra dai Savoia, invita in sede due militare piemontesi per spedirli a Cerreto, paese del capobanda Giordano, per punire i suoi parenti e tutti quelli vicino al capobanda.

I due ufficiali, non trovarono nessuno da fucilare, tranne contadini che lavoravano nei campi e allora Cialdini mandò un certo Zettini, anche lui aveva carta bianca e poteva fucilare chiunque, senza processo. Questo assassino, fece fucilare Enrico Giordano e un certo Santangelo, accusato di avere partecipato al massacro dei soldati del tenente Bracci. Di questi uomini non abbiamo nessuna targa che ricordi la loro esistenza, perché noi posteri dobbiamo dimenticare ogni minima traccia, per soddisfare i nostri colonizzatori e la cultura meridionale, impegnata da buoni servitori a tramandarci il volere dei piemontesi corretti ed onesti. Noi che non facciamo parte di questa schiera di fenotipi incalliti, andiamo alla ricerca di tutti quelli che si sono sacrificati combattendo contro gli eserciti di quei “bastardi Savoiardi” e per questo pubblichiamo i nomi dei criminali di guerra che fecero strage dei meridionali e  cancellarono la nostra storia, calpestando la nostra dignità di uomini e ancora oggi non troviamo spazio per emergere, pressati dalla colonizzazione imposta dagli uomini del nord e i meridionali colti cercano in tutti i modi di nascondere o minimizzare. Il testo “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci è un esempio di scrittrice meridionale eccellente, ma molto legata al potere massonico attuale.

Ecco i nomi dei criminali di guerra osannati dai miserabili meridionali che hanno riempito le strade delle nostre città per evitare che i nomi di questi esseri indegni passassero nel dimenticatoio delle persone oneste: Vittorio Emanuele II, Camillo Benso di Cavour, Bettino Ricasoli, Enrico Cialdini, Ferdinando Pinelli, Piero Fumel, Gaetano Negri, Carlo Melegari, Alfonso Ferrero La Marmora, Giacomo Durando, Carlo Pollion di Persano, Giuseppe Garibaldi, Nino Bixio, Francesco Nullo, Stefano Turr, tutti criminali di guerra che troviamo scritti nei muri delle nostre città ed osannati nei libri di testi scolastici per evitare che potessero sparire dalla nostra memoria. Speriamo che qualche sindaco onesto, prenda coscienza e cancelli i nomi di questi assassini, per sostituirli con chi ha dato lustro ai nostri centri abitati. Considerando come gli storici della massoneria giustifichino l’invasione dei piemontesi nell’oggettiva condizione di minorità sociale e di miseria del popolo meridionale.

Questo popolo sembrava volesse dire: ci avete voluto, imponendoci la vostra volontà; ora pagate le conseguenze. Ora comunque, gli sconfitti sono scomparsi nella zona d’ombra in cui li ha relegati la cattiva coscienza dei liberatori, padri della patria. Conoscere e rivedere il risorgimento, non significa piangere Radetzky o Francesco II ma mettere in evidenza i fatti storici. Al momento dell’annessione al regno d’Italia, l’apporto complessivo di tutti gli stati dell’Italia preunitaria, fu di 668 milioni in oro. così ripartiti: Regno delle due Sicilie 443,2 milioni, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35, Romagna Marche e Umbria 55,3, Sardegna e Piemonte 85,2, Venezia 12,7.

Come si evince, l’apporto del Regno delle due Sicilie è il doppio di tutti gli stati messi insieme, però gli storici continuano a scrivere che eravamo i più poveri d’Italia (loro emergono dalla nostra povertà e con i nostri ducati, che brava gente!).

La città di Napoli nel 1860 aveva 447.065 abitanti, quella di Palermo 194.463, mentre Torino e Milano rispettivamente 204.715 e 196.109 però secondo gli storici e i meridionali prezzolati e venduti al potere massonico eravamo uno stato povero e miserabile con poca cultura e senza servizi sociali (sui servizi sociali, abbiamo tanto da dire).

Nessuno degli uomini di cultura meridionale si pone una domanda semplicissima: perché il meridione dopo il 1860 (anno dell’occupazione piemontese) non riusciva ad aprire attività produttive anche se di breve durata, subito dopo si parla solo di chiusure e non riesce a risollevarsi?

Pur avendo una struttura politica ed economica più progredita dell’Italia di allora, oggi rimane ai margini della povertà? Non riesce ad emergere in nessun campo e i raffronti con il nord progredito non reggono mai? Vengono solo messi in evidenza per dimostrare la nostra nullità? Sono così orgogliosi di manifestare che non siamo capaci di niente?

Come se tutto questo dipendesse solo dal nostro operare e non dalla volontà politica dei nostri colonizzatori? Tutto ciò che hanno concesso, è stato debitamente controllato e non poteva andare oltre le loro aspettative, vedi cassa per il mezzogiorno, emanata per il sud ma gestita dalle imprese del nord (testi di Antonino Ciano “I Savoia e il massacro del sud” e Giordano Bruno Guerri “Il sangue del sud”).

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