Minacce per i soldi in un bar di Manfria, “avevano una pistola”: un presunto debito dietro al raid

 
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Immagini di repertorio

Gela. “Entrarono nel bar. Erano quattro o cinque persone. Cercavano mio padre e mi dissero che se non lo avessero trovato, avrebbero iniziato a sparare”.

Uno degli imputati si difende. A deporre davanti al giudice Erisilia Guzzetta è stato il figlio del titolare di un bar nella zona di Manfria. Le minacce sarebbero arrivate dai due imputati, padre e figlio, entrambi titolari di un’azienda d’ortofrutta a Niscemi. Dietro al presunto blitz all’interno dell’attività commerciale, ci sarebbero state ragioni economiche. Un credito non saldato dal titolare del bar, a sua volta impegnato nel commercio d’ortofrutta con l’est Europa. “Mi fecero capire – ha proseguito il giovane in aula – di avere con loro un’arma”. Una ricostruzione, però, che è stata esclusa da uno degli imputati, a sua volta sentito davanti al giudice. “Dovevamo riscuotere un credito di circa trecentomila euro – ha spiegato – con una serie di operazioni, che solo successivamente si rivelarono dei raggiri, avevamo subito danni economici enormi. E’ vero, ci recammo al bar ma non avevamo armi. Cercavamo solo il titolare che ci doveva i soldi. Io stesso aggredì un altro mediatore che era presente. Non riuscivamo più ad andare avanti”. All’interno di un suv utilizzato per raggiungere Manfria, gli agenti di polizia del commissariato trovarono anche un caricatore a salve. Il mediatore aggredito si è costituito parte civile con gli avvocati Samantha Rinaldo e Francesco Castellana. I due imputati, invece, sono difesi dall’avvocato Luigi Cinquerrui. 

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