“Molte aziende dell’indotto Eni stanno precarizzando i diritti degli operai”, i sindacati denunciano: chiesto un vertice con gli imprenditori

 
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Le segreterie dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm hanno chiuso l'intesa

Gela. Contratti collettivi non applicati per intero e agenzie di lavoro

interinale che la fanno da padrone, almeno in questa fase.

“Lavoro precario”. Nell’indotto Eni, in tutti i siti locali, il lavoro c’è ma è precario. “Oramai, molte aziende dell’indotto – dicono i segretari provinciali dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm – non applicano integralmente i contratti nazionali e preferiscono appoggiarsi alle società di lavoro interinale. Così, i contratti vengono rinnovati di mese in mese e i lavoratori non hanno alcuna certezza. Decine di operai, usciti dal ciclo produttivo di Eni, non sono stati più riassorbiti, violando gli accordi sottoscritti”. Sono pesanti le parole dei segretari Orazio Gauci, Angelo Sardella e Nicola Calabrese che hanno deciso di chiedere un incontro ufficiale agli imprenditori di Sicilindustria. Se non dovessero arrivare passi in avanti, gli operai dell’indotto Eni potrebbero avviare azioni di protesta, anche plateali. I cantieri per la riconversione green della raffineria di contrada Piana del Signore sono partiti e la mole di lavoro dovrebbe bastare almeno per circa un anno. Per i sindacati, però, si lavora al risparmio, riducendo al minimo i diritti dei dipendenti.

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