Montemagno (Arci), “emergenza Covid è anche sociale e servono risposte per chi sta peggio”

 
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Il presidente territoriale Arci Giuseppe Montemagno

Gela. Dall’emergenza Covid e dalla crisi economica e sociale che sta causando bisognerà ripartire per pensare ad un modello di comunità diverso, che tenti di recuperare il tessuto di un territorio sempre più con le spalle al muro. Il presidente territoriale dell’Arci Giuseppe Montemagno l’appello lo lancia a tutte le amministrazioni della provincia. “Chiediamo ai sindaci di attivare subito tutte le forme di coordinamento possibili tra i soggetti impegnati a fare fronte all’emergenza sociale in atto, incanalando le risorse su obiettivi ed interventi precisi. E’ un momento difficile per tutti – dice – ma per qualcuno lo è ancora di più ed è quindi necessario che prevalga il senso di comunità e di solidarietà verso chi sta peggio. I servizi sociali comunali, in molti casi sottodimensionati e già alle prese con mille emergenze quotidiane, sono chiamati al gravoso compito di gestire al meglio queste somme, certamente limitate rispetto alla gravità della situazione, in favore di quelle persone e di quelle famiglie che vivono una reale condizione di indigenza. Lo facciano nella massima trasparenza, senza tollerare furbizie ed opportunismi”. Secondo Montemagno, se non si saprà supportare chi è più in difficoltà e se non si dovesse pensare al dopo-emergenza, allora il rischio vero sarà l’ulteriore spopolamento di un territorio, ormai in crisi perenne. “Nessuno resti indietro” è l’affermazione che in questi giorni spesso abbiamo ascoltato, ora è il momento di dimostrare che questa affermazione non è solo uno slogan ma un principio da mettere in pratica, valido per tutti. Può essere il primo passo per una fase di ricostruzione sociale che sarà lunga e complessa. Può essere l’inizio di un nuovo percorso che proprio da una ritrovata sensibilità verso le esigenze delle persone più fragili ridia un senso al termine comunità, alle pratiche di solidarietà, ai processi di sviluppo che devono essere economici e sociali nello stesso tempo – aggiunge – l’intero territorio provinciale negli ultimi anni ha vissuto nuovamente il dramma dell’emigrazione di tanti giovani, ma anche di interi nuclei familiari alla ricerca di una stabilità economica. La crisi della grande industria nell’area di Gela, l’assenza di infrastrutture adeguate per sviluppare il settore agricolo e artigianale nelle aree interne e fino al Vallone, hanno relegato migliaia di persone in una condizione di povertà relativa o assoluta, spingendole ai margini della società”.

Il presidente Arci spiega inoltre che anche il terzo settore è chiamato a dimostrare di poter avere un ruolo importante nel tessuto sociale locale. “E’ una grande sfida che dovranno cogliere intanto gli amministratori locali, ma a cui saranno chiamati a concorrere anche tutte le altre forze economiche, sociali e culturali del territorio – conclude – una sfida che ancora di più richiede uno sforzo non indifferente al mondo del terzo settore che ha proprio nella produzione di beni relazioni la sua funzione principale e che deve pretendere di vedere riconosciuto il proprio ruolo di rappresentanza delle istanze sociali dei cittadini e non solo quello di utile manovalanza nei momenti di emergenza sociale o sanitaria. Terminata questa emergenza niente sarà come prima, tuttavia se il futuro sarà migliore o peggiore dipenderà soprattutto da noi”.

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